domenica 6 dicembre 2015

Verso la Democrazia



Credo che sia giunto il tempo di non tergiversare.

La Democrazia (quella liberale, eredità dell'Illuminismo e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo) è quello a cui tutti i Paesi del mondo dovrebbero tendere. Questo vale per tutti i Paesi del pianeta; Nessun Paese al mondo può dire di essere una Democrazia compiuta. "Le" democrazie (occidentali, orientali o "di mezzo") non sono democrazie compiute e mai lo saranno.

La Democrazia non è una scritta su di uno striscione che il singolo paese attraversa come fosse la linea del "Traguardo".

La Democrazia è un qualcosa verso la quale "tendere", verso la quale "dirigersi" come fosse l'asintoto di una iperbole; non si può mai dire di essere "arrivati".
Oggi, al contrario, la democrazia italiana (e con lei quella di molti stati così detti "occidentali") è diretta in direzione opposta: ci stiamo allontanando dalla Democrazia e dirigendoci verso l'altro asintoto: la "Ragion di Stato". Spiace dover utilizzare la lettera maiuscola per questo concetto a me tanto inviso ma tant'è!
La Ragion di Stato è la negazione della Democrazia perché ne prevede sistematicamente la sua sospensione / cancellazione.
Si pensi al Patriot Act conseguente alle stragi delle Torri Gemelle che di fatto ha significato un arretramento / un cambio di direzione degli Stati Uniti da quella guida che per tanti decenni ha incarnato "verso" la Democrazia.

la Ragion di Stato a ben pensarci è stata (e malauguratamente è ancora adesso in altre forme) il fascismo, il nazismo e il comunismo sovietico del novecento.
La Democrazia, invece, è sinonimo di Stato di Diritto e Diritti Umani.


E se il cammino verso lo Stato di Diritto è un cammino in salita senza fine, quello verso l'affermazione dei Diritti Umani lo è altrettanto.
Oggi - grazie alla splendida intuizione che Marco Pannella ci ha regalato - il cammino "verso" lo Stato di Diritto coincide (non a caso) con l'affermazione di un nuovo Diritto Umano: Il Diritto Umano alla Conoscenza.


Quella conoscenza negata che costa al nostro Paese in termini economici decine se non centinaia di miliardi di euro ogni anno.
In Italia interessi particolari neanche troppo occulti remano con tutte le loro forze (e sono Forze con la "F" maiuscola) verso la Ragion di Stato: quali sono questi interessi?
Ad esempio gli utili astronomici di cui è capace l'industria delle armi che gongola al solo pensiero di un nuovo attentato, così come faceva al telefono l'imprenditore edile Piscicelli al pensiero dei lauti guadagni che avrebbe fatto grazie alle sue amicizie a poche ore di distanza dal terremoto che aveva colpito L'Aquila.
Oggi dobbiamo unirci e sperare in questo nuovo traguardo, tappa importantissima per il conseguimento della vera Democrazia.
Ma non dobbiamo limitarci a sperare, ad "avere speranza"; dobbiamo, invece, "essere speranza", incarnarla e darle corpo (come stanno facendo militanti e dirigenti del Partito Radicale con il loro "digiuno di dialogo"): "Spes contra spem" come diceva San Paolo, Essere Speranza contro l'Avere Speranza.

domenica 29 novembre 2015

"Stretto, Stretto delle mie brame ..."

Il ponte sullo Stretto di Messina è una infrastruttura che può portare sviluppo in Sicilia come in Calabria. Questo è un dato di fatto incontrovertibile e immagino che nessuno possa negarlo.






Ma a cosa servirebbe questo ponte? come tutti i ponti il suo fine ultimo sarebbe quello di essere attraversato da persone e cose ma le "cose" - come tutti sanno - nel 2015 si spostano molto più velocemente con le navi portacontainer e visto che la Sicilia è un isola ...




Ma torniamo alle persone:
Ovviamente sia i siciliani che i calabresi sarebbero molto contenti di poter raggiungere l'altra sponda dello Stretto in poco tempo ma che risparmio si avrebbe in termini di tempo (perché in termini di costo il risparmio sarebbe "0 €" visto che per ripagarsi il ponte deve essere a pedaggio e non può che costare almeno tanto quanto oggi costa attraversare con i traghetti)?
Questa domanda è lecita e doverosa perché per valutare se è opportuno investire in questo periodo di "vacche magre" bisogna valutare bene i benefici e perché magari gli stessi soldi potrebbero (e dovrebbero) essere spesi in altri modi in Sicilia e Calabria:


oggi per attraversare lo Stretto i mezzi non mancano.

Chiunque vuole andare in Sicilia (immaginiamo un pedone) partendo da Reggio Calabria ha due modi: prendere il treno nella stazione ferroviaria di "Reggio di Calabria Centrale" (sic! dal sito di Trenitalia), e traghettare tra Villa San Giovanni e Messina (visto che i traghetti attualmente lasciano in pieno centro) per un tempo totale stimato tra i 60 e gli 80 minuti.

Oppure?
Oppure prendere un traghetto al porto di Reggio Calabria senza avvalersi del treno; tempo impiegato? circa 30 minuti (ma se si disponesse di navi veloci pensate allo scopo si potrebbero impiegare meno di 15 minuti).

E con il ponte?

Sempre ipotizzando di attraversare il mare in treno, se per attraversare i tremilaseicento metri sull'acqua bastassero 3 minuti ci si ritroverebbe da un lato a Villa San Giovanni e dall'altro a Ganzirri. Il resto del percorso (15 km in Calabria e 10 km in Sicilia) ad una velocità media di 60 km/h richiederebbe - guarda un po' - circa 30 minuti.

Allora diciamolo con chiarezza: reggini e messinesi non hanno alcun bisogno del ponte, soprattutto se lo (le Ferrovie delloStato (la Repubblica Italiana) investisse in un servizio moderno di navi veloci spendendo una cifra infinitamente più piccola dell'eventuale costo del ponte.

Ma gli altri? I turisti che vogliono vedere la bellissima Sicilia? Prendiamo il punto più lontano "Trapani".
Da Trapani a Roma ci vogliono 11 ore e mezzo in macchina (fonte google.maps) e - UDITE, UDITE - dalle 16 alle 21 ore in treno (fonte trenitalia.it)!

Pensate che trascorrere mezz'ora in traghetto godendosi la vista del tratto di mare tra Scilla e Cariddi, sia il vero problema?

sabato 28 novembre 2015

Cittadinanza

Il tema della cittadinanza, a mio avviso, va visto con una logica “transnazionale”. Le cittadinanze, e quindi le nazionalità, vanno intese come multinazionalità. Oggi, ad esempio, ho in tasca un pezzo di carta che riporta la dicitura “italiana” accanto a "cittadinanza". Ma possiamo dire, senza paura di sbagliare, che condivido con tantissime persone non italiane un'altra cittadinanza che è quella europea. L’Italia, come è noto, fa parte dell'Unione Europea e quindi italiani, tedeschi, francesi, greci, ... non condivido solo una unica moneta ma anche una cittadinanza (un'altra non antitetica con quella "italiana": sul mio passaporto - per capirci - sono riportate le parole “Unione Europea” accanto a quelle “Repubblica Italiana”).
Ma c'è di più: l'Italia, come tutti sapranno, fa parte dell'ONU - l'Organizzazione delle Nazioni Unite essendone entrata a far parte il 14 dicembre 1955; ma prima ancora di far parte dell'ONU l'Italia era stata tra i paesi fondatori del Consiglio di Europa. Il Consiglio d'Europa (che ha preceduto di molto l’Unione Europea) è nato il 5 maggio 1949 e l'Italia ne ha subito fatto parte assieme a altri 9 stati. Oggi gli stati che ne fanno parte sono ben 47 e, per questa ragione, ogni italiano condivide con oltre 800 milioni di persone questa altra forma di cittadinanza. 

Ma di cosa si tratta? 
Cosa unisce un georgiano con un cipriota, un italiano con un russo? La risposta è semplice: l’ambizioso progetto di un’Europa di Pace fondata sui seguenti principi: Diritti Umani, Democrazia e Stato di Diritto.
Questi principi sono tra loro inscindibili: non c’è Democrazia (con la D maiuscola) dove vengono violati i Diritti Umani e non possono essere garantiti i Diritti Umani dove si nega lo Stato di Diritto in favore della “ragion di Stato”.
Purtroppo l’Italia sta attraversando un periodo particolarmente buio nel quale le spinte antidemocratiche si fanno strada tra la gente - privata del Diritto di Conoscere - che sulla scorta di spinte securitarie tende ad approvare o comunque a non opporsi a comportamenti illiberali e di “sospensione della Democrazia” conseguenti a quel “nazionalismo” bieco, prepotente, violento che mette le “ragioni dello Stato” prima dello Stato di Diritto. Oggi è essenziale affermare un nuovo Diritto Umano che non è contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata dall'Assemblea dell'ONU il 10 dicembre 1948. Si tratta del Diritto Umano alla Conoscenza. Se ci pensate nelle nostre vite, quotidianamente e con sempre maggiore frequenza il Diritto alla Conoscenza è ostacolato, negato, violato da coloro che detengono il Potere (nelle sue varie forme):
  • vengono raccolte le firme per un Referendum? nessuno ne parla; i mezzi di informazione non fanno passare la notizia e la raccolta delle firme fallisce;
  • una forza politica vuole proporre vie democratiche e nonviolente per il superamento dell'emergenza terroristica? "idem con patate"; non se ne sa nulla;
  • in una qualsiasi delle carceri che ti stanno intorno vengono violati i più elementari Diritti Umani (diritto alle cure mediche, diritto di non essere torturati, diritto al cibo, ...)? l'informazione fa "quadrato" attorno a coloro che vogliono far credere che i penitenziari sono luoghi di villeggiatura dove si vive bene a spese dello Stato;
  • l'Italia è colpevole per aver avallato la guerra in Iraq che per stessa ammissione di Blair e Bush fu un gigantesco errore (con centinaia di migliaia di vittime innocenti)? Berlusconi viene addirittura riscattato da Alan Friedman che gli attribuisce il merito di aver tentato la strada dell'esilio per Saddam Hussein (cosa non vera come può verificare chiunque al seguente link). (http://bushblaircontrosicurapacefeceroguerrairakimpedendoesilioasaddam.it/content/silvio-berlusconi)
Gli esempi che si possono fare sono pressoché infiniti. II potenti, temono più di ogni altra cosa le persone che conoscono; perché sono queste le uniche in grado di ostacolare e mettere in discussione il loro potere. Oggi più che mai chi controlla l'informazione (attraverso RAI, Mediaset, SKY, La7, ...) fa l'esatto contrario: non si preoccupa del Diritto alla Conoscenza dei cittadini ma anzi si piega al Dovere di Disinformare procedendo spesso non solo ad omettere la verità ma a falsificarla!
 In questo articolo avrei voluto parlare di tutt'altro ma è andata così; non mi resta che scrivere ...
Fine Prima Parte

venerdì 27 novembre 2015

METODO POLETTI: "Studiare non serve a un ... fico"

"Laurearsi con 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21" Queste la parole del Ministro Poletti. Silenzio in sala ... Vediamo se ho capito: Se spettasse al Ministro Poletti scegliere un collaboratore, preferirebbe un 21-enne poco preparato ad un 28-enne molto preparato. Io credo che il Ministro Poletti abbia perso un'altra bellissima occasione per stare zitto. Poletti - in pratica - sta dicendo che non importa puntare al massimo ma è meglio risparmiare tempo e accontentarsi di risultati mediocri, non importa. Ma, una persona che la pensa così può fare il Ministro della Repubblica Italiana? io lo vedrei molto meglio come ministro della repubblica delle Banane! Io credo che in Italia sia molto più urgente e serio il problema dello scarso numero di persone che conseguono una laurea (rispetto a Germania, Francia, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito, Stati Uniti, ...) ma voglio restare sul punto e completare un ragionamento. Secondo Poletti investendo le stesse energie ci si può laureare prima anche se con risultati più scadenti. Per Poletti non importa se la sessione di esami si avvicina e non hai terminato di studiare il "programma" o se non lo hai studiato e ripetuto per benino; non importa se alcuni esercizi non ti escono; non importa se sei mancato a metà delle lezioni; ... non importa: vai all'esame comunque, anzi, fanne il tuo metodo! Il "Metodo Poletti". Io, invece, non la penso come il Ministro. Io invito tutti gli studenti, tutte le studentesse, tutti gli uomini e le donne di buona volontà a non accontentarsi. Non dovete accontentarvi della sufficienza. Dovete puntare alla perfezione anche se per definizione non è mai raggiungibile; dovete essere assetati di conoscenza, dovete essere curiosi, dovete voler approfondire ben oltre le nozioni contenute nelle dispense e nei libri di testo. Siate esigenti con voi stessi anche se questo vuol dire impiegare più tempo! Chiedete e pretendete da voi stessi il massimo, ambite alla LODE!
Soprattutto perché alcuni treni passano una volta sola e non avrete mai più l'occasione, il tempo, e neppure la voglia di dedicarvi all'approfondimento e agli studi accademici. E non crediate (come pensa il Ministro) che siano cose inutili.

Gli studenti hanno il diritto di conoscere approfonditamente quello che si studia, il Diritto alla Conoscenza (senza limitazioni). Non gli si deve far fretta sacrificando la loro preparazione. Il "Diritto Umano alla Conoscenza" diventa un DOVERE per uno studente universitario (e più in generale per uno studioso). Il Metodo Poletti, lasciatelo a quelli raccomandati, a quelli che non hanno bisogno di essere bravi per eccellere (quelli che hanno la carriera assicurata, magari come "Ministri di Repubbliche"!).
Se il Metodo Poletti dovesse aver senso, perché mai un impiegato dovrebbe preoccuparsi di svolgere bene il suo lavoro? hai 50 pratiche arretrate sulla tua scrivania? METODO POLETTI: falle più in fretta possibile anche se inevitabilmente compirai qualche errore. Ma finirai prima e potrai spassartela con gli amici! Sei un Magistrato e sulle tue spalle giacciono centinaia di procedimenti arretrati? METODO POLETTI: fai copia incolla da altre sentenze analoghe! i diritti di qualche cittadino verranno calpestati, certo, ma che importa! tu ti sei laureato in giurisprudenza con 97 a 21 anni, cosa pretendono da te?

giovedì 26 novembre 2015

PROTOCOLLO DI VIBO
CONTRO LA PROLIFERAZIONE DELLE GUERRE
Introduzione

Gli Stati, quando capirono l'insensatezza della guerra e la sua illogica e perversa natura generatrice di morte, distruzione e sofferenze, decisero che per porre un freno alla proliferazione incontrollata delle guerre (comprese quelle di natura terroristica) era necessario ridurre la produzione delle armi.
Il Protocollo di Vibo nasce dalla esigenza di istituire un processo permanente di esame, di discussione e di scambio di informazioni, che permetterà l'adozione di impegni supplementari adattati all'evoluzione delle conoscenze e della volontà politica.
Le Parti che sottoscrivono questo Protocollo si impegnano a ridurre per il periodo 2020-2024, la produzione di armi e armamenti del 10% rispetto ai livelli del 2000. Questa "produzione" viene calcolata come il totale della spesa che il singolo paese sostiene per armi ed armamenti. Non vengono conteggiate le spese sostenute per la prevenzione come l'intelligence, le spese sostenute per il confronto internazionale diplomatico, le spese per lo sviluppo di metodi nonviolenti volti a sedare conflitti armati, attacchi militari e rivolte popolari. Questi impegni, giuridicamente vincolanti, produrranno una reversione storica della tendenza ascendente dei conflitti armati che non solosono aumentati numericamente ma che, presi singolarmente, hanno prodotto mediamente sempre più vittime (militari e civili). Gli investimenti in armamenti vanno conteggiati come la somma che ogni singolo paese produce o importa.
Le armi e gli armamenti che il singolo paese esporta ad un paese firmatario del presente protocollo non vanno conteggiati - ai fini del presente Protocollo - a carico del paese esportatore ma solo a carico del paese importatore. Qualora, invece, l'esportazione fosse verso un paese non aderente al Protocollo, il valore dei beni venduti sarà conteggiato a carico del paese esportatore.
Il Protocollo di Vibo si aprirà alla firma il 16 marzo 2016. Entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 Parti, tra le quali i paesi sviluppati la cui produzione di armi e armamenti rappresenta almeno il 50% della quantità totale prodotta nel 2000. Parallelamente, le Parti continueranno ad adempiere agli impegni assunti e si prepareranno per la futura applicazione del Protocollo.
Indice


Gli articoli del Protocollo di Vibo contro la Proliferazione delle Guerre non hanno titoli: i temi enumerati qui di seguito hanno solo un carattere indicativo.
Preambolo
  1. Definizioni
  2. Politiche e misure
  3. Quantificazione degli impegni in materia di limitazione e riduzione delle armi
  4. Adempimento congiunto degli impegni
  5. Questioni metodologiche
  6. Trasferimento e acquisto di unità di riduzione della produzione (applicazione congiunta)
  7. Comunicazioni delle informazioni
  8. Esame delle informazioni
  9. Esame del Protocollo
  10. Progressi nell'applicazione degli obblighi esistenti
  11. Meccanismo finanziario
  12. Meccanimo per uno sviluppo "pacifico"
  13. Conferenza delle Parti agent come riunione delle Parti del Protocollo
  14. Segretariato
  15. Organi sussidiari
  16. Processo di consultazione multilaterale
  17. Commercio delle armi
  18. Inadempimento delle disposizioni
  19. Risoluzione delle controversie
  20. Emendamenti
  21. Adozione ed emendamenti allegati
  22. Diritto di voto
  23. Depositario
  24. Firma e ratifica,accettazione, approvazione o adesione
  25. Entrata in vigore
  26. Riserve
  27. Ritiro
  28. Testi autentici
Allegato A: Categorie e settori delle armi e degli armamenti impiegati nelle guerre
Allegato B: Quantificazione degli impegni di limitazione o di riduzione delle armi delle Parti




PROTOCOLLO DI VIBO CONTRO LA PROLIFERAZIONE DELLE GUERRE


Le Parti del presente Protocollo,
Perseguendo gli obiettivi contenti nella Dichirazione Universale dei Diritti dell'Uomo,
Ricordando le disposizioni in essa contenute,
Giudate dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali,
Consapevoli che la produzione delle armi è essa stessa motivo della proliferazione delle guerre,
Hanno convenuto quanto segue:
ARTICOLO 1


  1. Per "Parti presenti e votanti" si intendono le Parti presenti che esprimono un voto affermativo o negativo.
  2. Per "Parte" si intende, a meno che il contesto non indichi diversamente, una Parte del presente Protocollo.
ARTICOLO 2
  1. Ogni Parte, nell'adempiere agli impegni di limitazione quantificata e di riduzione della produzione e importazione di armi previsti all'articolo 3, al fine di promuovere lo sviluppo pacifico:
    1. Applicherà e/o elaborerà politiche e misure, in conformità con la sua situazione nazionale, come:
      1. miglioramento della sicurezza e delle politiche di intelligence che interessano i settori rilevanti dell'economia nazionale;
      2. miglioramento dei meccanismi che limitano l'accesso all'uso delle armi e miglioramento dei meccanismi di marcatura, contenimento e non proliferazione delle sostanze utili alla produzione di armi e armamenti;
      3. graduale riduzione della diffusione delle armi tra i civili e intensa attività volta al disarmo di organizzazioni criminali e terroristiche;
      4. promozione di metodi nonviolenti per la lotta alla criminalità, per la gestione delle sicurezza interna, per il controllo e il contenimento di adunate e manifestazioni (autorizzate o meno);
      5. contenimento della spesa in armamenti militari;
      6. promozione di uno sviluppo sostenibile delle aree a rischio povertà e emarginazione;
      7. ricerca, promozione e sviluppo e maggiore utilizzazione del dialogo e della nonviolenza come strumenti cardine per la risoluzione di controversie nazionali e internazionali di qualsiasi natura;
      8. riduzione progressiva, o eliminazione graduale, delle imperfezioni del mercato, degli incentivi fiscali, delle esenzioni tributarie e di sussidi, che siano contrari agli obiettivi del presente Protocollo, in tutti i settori responsabili della produzione di armi e armamenti;
      9. Incoraggiamento di riforme appropriate nei settori pertinenti, al fine di promuovere politiche e misure che limitino, riducano o puntino alla conversione dei settori dell'industria e delle forze armate specializzati nella produzione e nell'uso delle armi;
      10. Adozione di misure volte a limitare e/o ridurre la produzione di armi e armamenti nel settore della sicurezza interna;
      11. Limitazione e/o riduzione della produzione di esplosivi (incluse le armi nucleari), attraverso il loro recupero e il loro utilizzo a scopi pacifici, come nel caso della produzione di energia;
    2. Coopererà con le altre Parti per rafforzare l'efficacia individuale e combinata delle politiche e delle misure adottate a titolo del presente articolo. A tal fine, dette Parti dovranno dar vita ad iniziative per condividere esperienze e scambiare informazioni su politiche e misure, in particolar modo sviluppando sistemi per migliorare la loro compatibilità, trasparenza ed efficazia. La Conferenza delle Parti del Protocollo dovrà, nella sua prima sessione, o quato prima possibile, esaminare i mezzi per facilitare tale cooperazione, tenendo conto di tutte le informazioni pertinenti.
  2. La Parti cercheranno di limitare o ridurre la produzione di armi e armamenti operando con le varie organizzazioni internazionali (ad esempio la NATO).
  3. Le Parti si impegnano ad attuare le politiche e le misure previste nel presente articolo al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi, gli effetti sul commercio internazionale e gli impatti sociali, ambientali ed economici sulle altre Parti. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente Protocollo potrà adottare, se opportuno, ulteriori misure per promuovere l'applicazione delle disposizioni del presente paragrafo.
  4. Nel caso in cui ritenga utile coordinare alcune politiche e misure previste nel paragrafo 1.a) del presente articolo, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali e degli effetti potenziali, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente Protocollo, valuterà le forme ed i mezzi appropriati per organizzare il coordinamento di tali politiche e misure.
ARTICOLO 3
  1. Le Parti assicureranno, individualmente o congiuntamente, che la loro produzione di armi e armamenti indicati nell'Allegato A, non superi le quantità che sono loro attribuite, calcolate in funzione degli impegni assunti sulle limitazioni quantificate e riduzioni specificate nell'Allegato B in conformità alle disposizioni del presente articolo al fine di ridurre il totale della produzione e/o importazione di armi e armamenti (calcolato come fatturato lordo di detto settore industriale) del 10% rispetto ai livelli del 2000, nel periodo di adempimento 2020-2024.
  2. Ogni Parte dovrà aver ottenuto entro la fine del 2017, nell'adempimento degli impegni assunti a titolo del presente Protocollo, concreti progressi.
  3. Le variazioni nette del fatturato riferibile alla produzione e/o all'importazione di armi, armamenti, sostanze letali, eccetera, calcolate come variazioni verificabili della quantità di armi nel corso di ogni periodo di adempimento, saranno utilizzate dalle Parti per adempiere agli impegni assunti ai sensi del presente articolo. La produzione e l'importazione di armi, saranno notificate in modo trasparente e verificabile ed esaminate a norma degli articoli 7 e 8.
  4. Le armi e gli armamenti esportati non verranno conteggiate a carico della Parte che li ha prodotti solo se viene accertata come destinazione una delle Parti del presente Protocollo.
  5. Ogni Parte fornirà alla Conferenza delle Parti, per il loro esame, dati che permettano di determinare la diffusione e la quantità di armi e di procedere ad una stima delle variazioni di dette armi nel corso degli anni successivi.
  6. La Conferenza delle Parti agente ecome riunione delle Parti del presente Protocollo concederà alle Parti un certo grado di flessibilità nell'adempimento degli impegni assunti diversi da quelli previsti nel presente articolo.
  7. Nel corso del primo periodo di adempimento degli impegni per la riduzione e la limitazione quantificata delle armi, dal 2020 al 2024, la quantità attribuita a ciascuna Parte sarà uguale alla percentuale ad essa assegnata, indicata nell'Allegato B.
  8. La riduzione annuale di armi e armamenti si esprime come minore entità della somma tra fatturato lordo ascrivibile al mercato delle armi e valore assoluto delle armi e degli armamenti giacenti, in milioni di Euro. Anche le armi e gli armamenti obsoleti, anche se non funzionanti, vanno computati nel calcolo del volume totale di armi.
  9. La definitiva rottamazione o distruzione di un'arma, può essere conteggiata ai fini del calcolo della riduzione delle armi assegnata ad una Parte.
  10. Tutte le unità di riduzione delle armi, che una Parte acquista da un'altra Parte, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista.
  11. Tutte le unità di riduzione delle armi, che una Parte trasferisce ad un'altra Parte, sarà sottratta alla quantità assegnata alla Parte che la trasferisce.
  12. Tutte le riduzioni accertate delle armi che una Parte acquista da un'altra Parte, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista.
  13. Se le armi di una Parte, nel corso del periodo di adempimento, sono inferiori alla quantità che le è stata assegnata in virtù del presente articolo, tale differenza sarà sommata, su richiesta di detta Parte, alla quantità che le è stata assegnata per i successivi periodi di adempimento.
  14. Ogni Parte si impegnerà ad adempiere agli impegni indicati nel paragrafo 1, al fine di ridurre al minimo gli effetti sociali, ambientali ed economici contrari su paesi terzi e in particolare sui paesi in via di sviluppo. Tra le questioni da prendere in considerazione vi saranno il finanziamento, l'assicurazione ed il trasferimento di tecnologie.
ARTICOLO 4
  1. Le obbligazioni assunte alla luce del presente Protocollo possono essere assunte dalle Parti anche congiuntamente.
ARTICOLO 5
  1. Messa a punto di un sistema nazionale per la stima delle armi presenti, prodotte e importate.
ARTICOLO 6
  1. Possibilità per le Parti di compravendere "unità di riduzione" risultanti da progetti finalizzati alla riduzione delle armi.
ARTICOLO 7
  1. Ogni Parte fornirà le informazioni necessarie per assicurare di aver rispettato le disposizioni di cui all'articolo 3.
ARTICOLO 8
  1. Le informazioni comunicate ai sensi dell'articolo 7 saranno esaminate da gruppi di esperti.
ARTICOLO 9
  1. Aggiornamento del Protocollo alla luce delle migliori informazioni scientifiche disponibili.
ARTICOLO 10
  1. Tutte le Parti formuleranno programmi nazionali che puntino, anche attraverso la cooperazione, a perseguire le finalità del Protocollo.

Omessi gli articoli successivi al 10 e gli Allegati

lunedì 6 luglio 2015

Valore (legale) dell'Università!


Diceva settant'anni fa Luigi Einaudi: "Finché non sarà tolto qualsiasi valore legale ai certificati rilasciati da ogni ordine di scuole, dalle elementari alle universitarie, noi non avremo mai libertà di insegnamento; avremo insegnanti occupati a ficcare nella testa degli scolari il massimo numero di quelle nozioni sulle quali potrà cadere l’interrogazione al momento degli esami di stato. Nozioni e non idee; appiccicature mnemoniche e non eccitamenti alla curiosità scientifica ed alla formazione morale dell’individuo"

Oggi è necessario investire tantissimo in istruzione e ricerca.
Non c'è futuro per una Comunità (grande o piccola che sia) che non garantisca una formazione di altissimo livello ai suoi cittadini. I paesi che oggi eccellono nell'industria (USA, Germania, Korea del Sud, Giappone, ...) sono proprio quelli che hanno investito di più in formazione, ricerca scientifica e meritocrazia.


Allora, dobbiamo chiederci: il valore legale di un titolo di studio, garantisce una migliore formazione?
garantisce più meritocrazia? garantisce una migliore società?

Molto probabilmente NO e anzi, favorisce la diffusione di veri e propri "diplomifici/laurifici" al ribasso!
Posti in cui il motto è: "Iscriviti da noi! alla fine avrai un titolo di studio che vale "per legge" quanto quello conseguito altrove, fosse anche ad Harvard!"

Tutto questo ha un senso?

Allora ecco che - polemica di questi giorni - un parlamentare di nome Meloni presenta un emendamento al disegno di legge sulla pubblica amministrazione che per valutare i candidati ad un impiego pubblico pretende di impiegare, non solo il voto di laurea, ma anche l'ateneo presso il quale si è ottenuto il proprio titolo di studio.

Una pezza che è peggiore del buco!

In pratica resta tale e quale il "valore legale del titolo di studio" ma solo se ti sei laureato alla Bocconi!
Così avremo delle università "legali" e delle università "un po' meno legali"!

Tutto senza modificare di una virgola il sistema di accesso (mediante prestiti, borse di studio & Co.) alle università che (specie quando si tratta di quelle private) sono ad esclusivo appannaggio delle persone abbienti! Ma se un giovane italiano se lo merita perché l'Italia non investe su di lui mandandolo magari negli USA o comunque nella migliore università al mondo secondo il settore di studio?

Oggi le Università di mezza Italia pagano una scarsezza di risorse che è responsabilità esclusiva dei governi che si sono succeduti negli ultimi decenni. Ricordate, cosa dicevo all'inizio? senza investimenti siamo destinati al declino!

Ma la spesa pubblica italiana è un qualcosa di insondabile e misterioso dove "investimenti" e "ricerca" sono relegati a percentuali infime dello "zero virgola ...".

E poi c'è un problema sistemico che si può riassumere in un solo concetto: mancanza di amministratori e docenti universitari  responsabili dei loro risultati:

- gli investimenti in ricerca dell'Ateneo non danno molti frutti?       - pazienza!
- gli iscritti sono in calo?                                                          - sarà il clima!
- ai vertici dei dipartimenti ci sono le stesse persone da decenni?  - sono tutti dei geni!

I figli della gallina bianca!

È risaputo, ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B.
Lo sanno bene i calabresi che, a dire il vero, sono cittadini in "Promozione".
Lo sanno bene gli africani che vengono in Europa.
Lo sanno bene gli afroamericani che vivono negli USA.
Nonostante la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo queste violazioni, queste discriminazioni, queste segregazioni avvengono in tutto il mondo in maniera più o meno mascherata.
C'è un certo pudore da parte di chi viola le elementari regole di uguaglianza, pari diritti, pari dignità.
E poi c'è chi viola questi principi apertamente, spudoratamente, senza destare il ben che minimo fastidio nell'opinione pubblica.
È in corso una trattativa tra il governo greco e alcune istituzioni internazionali; la famosa Troika:  Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea.
Eppure, in questo caso i cittadini europei, non sono tutti uguali. Se sei tedesco (o francese) sei un cittadino di serie A, se sei italiano o spagnolo sei cittadino di serie B. Questo perché Renzi e Rajoy non siedono al tavolo delle trattativa mentre, il cancelliere tedesco e il presidente francese, non solo siedono al tavolo delle trattative, ma dirigono la trattativa stessa (nell'interesse dei loro cittadini,  ovviamente).
Qualcuno potrebbe dire che tedeschi e francesi vantano questo privilegio perché contribuiscono maggiormente al finanziamento dei fondi di "stabilità". Ma è proprio così?
Questa cosa è chiaramente antidemocratica!
Gli stati versano in proporzione alla loro popolazione e in base al loro prodotto interno.
Questo vuol dire che, in linea di principio, quattro cittadini qualsiasi, Alberto (ITA), Josefina (ESP), Otto (GER) e Mariè (FR), che hanno lo stesso reddito, attraverso le loro tasse  contribuiscono al mantenimento dei fondi cosiddetti "Salva Stati" con la stessa quantità di denaro!
Eppure, al tavolo delle trattative, le persone che dovrebbero fare gli interessi di TUTTI i cittadini europei (Junker, il presidente del Parlamento Europeo, i vari commissari europei, eccetera), ammesso che siedano a quel tavolo, pendono dalle labbra di Angela e non contano quasi nulla.
Come volevasi dimostrare!

venerdì 3 luglio 2015

La banalità della nonconoscenza

La democrazia non è esclusivamente esercizio del "diritto di voto".

Non lo è perché -anche nella "era dell'informazione"- a milioni di italiani è negato il diritto di "Conoscere per Deliberare" come spiegava l'illustre Luigi Einaudi.

Non lo è perché, anche se abbiamo il diritto di giudicare le tesi dei soliti politici (il nome "Matteo", vi dice niente?!?) lo stesso diritto non può essere esercitato quando a dover essere giudicati sono, ad esempio, i radicali.

Non lo è perché l'unico e rilevante messaggio alle camere (articolo 87 della Costituzione) del Presidente della Repubblica (8 Ottobre 2013) viene censurato dalla stampa e ignorato dal Parlamento.

Non lo è perché persino una netta presa di posizione del Pontefice contro l'ergastolo e la tortura del 41-bis viene ignorata dai mezzi d'informazione.

Non lo è perché non è dato sapere cosa avviene all'interno delle nostre carceri che molti italiani credono più simili a luoghi di villeggiatura che a luoghi "inumani e degradanti" (come recita la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani).

Proprio ora, mentre scrivo, apprendo di un altro suicidio:
l'ennesimo di un uomo costretto a vivere in condizioni disumane.
Di chi sto parlando?
Ma come? non me hanno parlato i tg? Non ne hanno parlato i giornali? Non gli ha dedicato uno "speciale" il TG1? Non ve ne ha parlato in qualche talkshow Salvini? Non gli hanno dedicato un'intera puntata Vespa, Floris e Giannini? Evidentemente no!

Oggi si è tolto la vita un Assistente Capo della Polizia penitenziaria di Fossombrone ma anche la sua morte è destinata a passare nel dimenticatoio. Assieme a quelle di almeno altri 9 detenuti suicidi nel corso del 2015. 

Per questo prosegue la battaglia nonviolenta con lo sciopero della fame (le mie 48 ore settimanali) contro la "nonconoscenza", a favore di un'amnistia che restituisca legalità al sistema giudiziario e, perché no?!?, per modificare la #buonascuola che introduce Presidi Sceriffo, prevede ancora più soldi pubblici alle scuole private e pensate un po' introduce l'obbligo del lavoro (non retribuito) per gli studenti!

martedì 23 giugno 2015

La famiglia!

Ricordo di aver letto un libro qualche anno fa che faceva tutta un'analisi sociologica sul degrado di alcune comunità adducendo la colpa al "familismo amorale".
Mi chiedo: c'è un familismo "morale"? se un legame di sangue è sinonimo di "legame di solidarietà" allora, quando la solidarietà diventa "immorale"?
Potremmo dire che favorire qualcuno è legittimo fintanto che non violo la legge.
D'altronde una persona ha una legittima preferenza per i propri discendenti (o in generale per i propri parenti). Il diritto di famiglia serve proprio a questo: a stabilire i diritti e i doveri tra persone legate da vincoli di parentela.

Detto questo, io mi pongo un quesito: può una persona capace, giudizievole, responsabile e onesta farsi carico di un orfano?

Il tema è molto "caldo" in questo periodo ma stranamente sento dire in giro: ogni bambino ha diritto ad una madre e ad un padre legati dal vincolo del matrimonio.
Ma questo diritto non esiste! Visto che -malauguratamente- esistono gli orfani che non hanno né un padre, né una madre.
Beninteso, precisiamo che, allo stesso modo, non esiste il diritto di essere genitori (adottivi).

Le comunità (ovvero gli Stati come il nostro) devono farsi carico di un compito difficilissimo: quello di trovare un nucleo familiare al quale affidare un orfano. Allora mi sorge un altro dubbio: una coppia non sposata può proporsi per l'adozione di un orfano?

Questo è il quesito molto interessante. Io, sommessamente, credo di sì e credo anche che l'affidamento e l'adozione possano essere concesse anche ad una singola persona. Certo, nessuno pensa che sia meglio avere un solo genitore ma una percentuale non trascurabile di minorenni hanno un solo genitore senza che questo abbia reso le loro vite infelici e non degne di essere vissute.
In maniera molto pragmatica, penso che sia meglio avere due genitori non sposati o un solo genitore piuttosto che vivere in un orfanotrofio.

sabato 9 maggio 2015

Il Giro del Cazzo



Il "Giro d'Italia" è una manifestazione sportiva organizzata da privati (anche se tanti soldi pubblici vengono investiti in questa manifestazione - e sarei curioso di sapere a quanto ammontano). 
Il "Giro d'Italia" forse è addirittura un "marchio registrato" di proprietà della Gazzetta dello Sport (noto quotidiano sportivo).
La Gazzetta dello Sport a sua volta è di proprietà di "RCS".
La RCS è nota a tutti: si tratta della Rizzoli-Corriere della Sera S.p.A.
Secondo voi il Corriere della Sera ha qualche interesse a organizzare la sua manifestazione sportiva nelle Due Sicilie o in Sardegna?
Ovviamente non ha nessun interesse nel farlo. Diciamo più verosimilmente che la Gazzetta dello Sport prende decisioni in merito a come organizzare questa manifestazione non in base alla forma del Paese ma in base ai soldi:

  • Soldi dalla vendita della Gazzetta dello Sport (sicuramente più venduta nel Centro-Nord);
  • Soldi dalle amministrazioni pubbliche locali affinché la manifestazione sportiva includa una tappa o un passaggio nei propri territori (esistono vere e proprie tariffe e le "boccheggianti" casse delle amministrazioni locali duosiciliane e sarde non possono permettersi questo lusso);
  • Soldi dallo Stato Italiano per organizzare, pubblicizzare, "vendere all'estero" la manifestazione sportiva (anche attraverso la RAI) (chissà se il CONI ha piacere ha vedere un sedicente "giro d'Italia" girare solo mezza Italia);
  • Soldi dai vari sponsor (che ovviamente sono al 100% stanziati nel centro e nel settentrione del nostro paese e che pure loro avranno diritto a chiedere sommessamente che il giro non trascuri i loro territori).

Ma possiamo fare una gara ciclistica a tappe che gira in lungo e in largo la Calabria e chiamarla pure noi "giro d'Italia" e se il marchio è già registrato usiamo "Giro della Prima Italia" (visto che la Calabria - prima di qualsiasi altra regione italiana - veniva chiamata ITALIA già migliaia di anni fa).

Il problema - neanche a dirlo - è la grana! Finché non verrà ristabilito uno sviluppo omogeneo dell'assetto produttivo del paese non ne verremo a capo. Se l'Italia è un paese profondamente diviso dove territori e persone non hanno pari dignità di fronte alle istituzioni figuratevi se possiamo pretendere pari dignità dagli organizzatori di una corsa ciclistica!

Fate una cosa, ... non guardate "il Giro" se non vi piace come è stato organizzato ... o ancora meglio ... non comprate la Gazzetta e i prodotti degli sponsor che sostengono questa manifestazione.

martedì 21 aprile 2015

Il pirata della str... del mare!

Ecco il problema! Gli scafisti che non sanno guidare!

Hai 27 anni, sai guidare (chissà come) un barca, una associazione criminale ti assolda per portare attraverso il Mediterraneo un peschereccio di 23 metri con a bordo 800 persone, rischi la vita assieme agli immigrati perché il rischio di calare a picco in mezzo al mare è molto alto e poi ... quando un'altra imbarcazione si affianca per trarre in salvo tutti cerchi di confonderti in mezzo agli altri mentre l'imbarcazione - ormai fuori controllo - urta il mercantile e cala a picco trascinando in fondo al mare centinaia di persone!

Quindi il problema, non è l'emigrazione di migliaia di disperati; il problema sono gli scafisti che non sanno guidare!

Ma vi rendete conto che siamo all'informazione cialtrona?

È come se la morte dei 150 passeggeri a bordo dell'aereo schiantato sulle Alpi francesi fosse del capitano che ha lasciato il copilota solo in cabina!


P.S.: ho appena saputo che 16 superstiti verranno ospitati in alcune abitazioni a Mineo (CT);
VI PREGO: non dategli l'acqua calda o le lenzuola! altrimenti chi lo sente Salvini?!?

lunedì 20 aprile 2015

Tornate sulla Terra (e sognate la Luna)!

È capitata una cosa gravissima: un peschereccio con dentro almeno 700 persone si è inabissato nel Mediterraneo.
Per noi (esseri umani) che abbiamo a cuore la vita dei nostri simili è una tragedia.
Cinicamente qualcuno potrebbe dire "ma nel mondo tanta gente muore!" e se anche nessuno lo dice molti lo pensano.

Sapete quante persone sono morte nel 2014 nel Mediterraneo? 3.419 (ma potrebbero essere molte di più, perché non sappiamo quante sono le imbarcazioni affondate di cui non abbiamo mai saputo l'esistenza).
E sapete quante persone sono morte nel 2013 (dato più aggiornato dell'Istat) in incidenti stradali? 3.385.
È un caso che i due numeri siano così simili eppure tutte queste persone hanno qualcosa in comune: sono morte "in viaggio" (dentro o diretti verso l'Italia).
L'Italia spende ogni anno qualche miliardo di euro in sicurezza stradale ma non può spendere 100 milioni per salvare dei migranti (dice la destra italiana con in prima fila la Lega Nord di Matteo Salvini)!
Si dirà: "l'Italia non si può fare carico di tutti i disperati che attraversano il Mediterraneo!".
Ma è proprio così?

Facciamo un parallelo: se per strada una persona cade al suolo davanti a me colta da infarto posso tirare dritto e dire: "Non posso farmi carico di tutti i cardiopatici che cadono al suolo davanti a me!"?
Sicuramente no! È un mio Dovere fermarmi e soccorrere chi rischia di morire se non intervengo subito! È un reato non farlo (Articolo 593 del Codice Penale - omissione di soccorso).
Badate bene: non so dire cosa farei se un evento del genere succedesse davvero! ma so dire cosa ritengo che "dovrei fare". E se non lo facessi, sono sicuro che dopo mi biasimerei.

E allora, possiamo far morire dei nostri fratelli in mare?
E quante altre volte dobbiamo voltarci dall'altra parte giusto "il tempo" che la barca piena di bambini, donne e uomini affondi? giusto "in tempo" per poter versare - dopo - qualche lacrima "di coccodrillo"?

E sapete cosa c'è? quest'ondata migratoria nel corso del 2015 continuerà, si intensificherà - perché l'Africa è piena di conflitti e perché in Libia è in corso una guerra civile (non serve essere un esperto di politica internazionale) - e non finirà per molti anni ancora.

Ma in un bilancio dello stato di circa 550 miliardi di euro, possibile che non se ne possano spendere 0,1 per una tragedia umanitaria senza precedenti? meno dello 0,018%!!!!!!

Diciamo la verità:

- Guerra dei Balcani - anni '90: Centinaia di migliaia di croati ospitati dalla Germania!
- Guerra del Kosovo - anni '90: Un milione di kosovari ospitati dall'Albania!
- Guerra in Libia - oggi: Un milione di libici ospitati in Tunisia!
- Guerra in Siria - oggi: 600 mila siriani ospitati dalla Giordania (che ha solo 4 milioni di abitanti)!
- Guerra in Siria - oggi: Un milione di siriani ospitati dal Libano (che ha solo 4 milioni di abitanti)!

Ma agli italiani, nessuno mai racconta la verità e allora ha ragione Marco Pannella a invocare per tutti noi (non solo italiani, ma soprattutto italiani) un nuovo diritto umano: il Diritto alla Conoscenza.

domenica 12 aprile 2015

Salvini, il giornalismo fascista e i rom

C'è un  segretario di partito che è apertamente fascista. Prima era secessionista, antimeridionale e xenofobo, ora è nazionalista e xenofobo.
Prima la forza politica al quale appartiene era territorialista ma essenzialmente socialista. Oggi quella forza politica si è tramutata in forza nazional-socialista. Paro paro quello che è successo in Italia negli anni 20.

Fascini, ups ... volevo dire, Salvini mi preoccupa non perché ce l'ha a morte con i rom.
Non conosco i rom:
non mi stanno particolarmente simpatici anche perché la mia è pura ignoranza (la paura di ciò che non si conosce), non ho il piacere di averne mai conosciuto qualcuno, non sono mai stato molestato da loro, nessun rom è mai stato mio cliente, non ho motivo per fare i loro interessi o prendere le loro parti, ...

Il problema è che oggi Salvini ce l'ha con i rom. E domani?!?
Domani magari vomiterà lo stesso odio nei confronti dei calabresi (come in passato hanno fatto esponenti di primo piano del suo partito).

Ovviamente l'informazione televisiva italiana "diligentemente" gli offre uno spazio mediatico enorme. Non c'è telegiornale o trasmissione di approfondimento politico che non lo intervisti o non lo ospiti. Non è un caso. I telespettatori (in pratica il 100% degli italiani con diritto di voto) devono sorbirselo volenti o nolenti. E dove si formano un'idea politica gli italiani? ma quasi esclusivamente in tv!.
Altri esponenti politici di caratura infinitamente più grande sono, invece, sistematicamente esclusi e le loro attività politiche ignorate.

Salvini prende a pugni il buonsenso e la logica: nessun giornalista che glielo faccia notare!
Alcuni giornalisti hanno intervistato due adolescenti rom che sono dedite al borseggio.
Due ragazzine la cui attendibilità è pari a ZERO.
Ma non importa ... Salvini ci spiega che i ragazzini rom guadagnano 2.000 € al giorno rubando!
Quanti saranno i rom adolescenti? 10.000?
Siccome ottenere 2.000 € vuol dire borseggiare in un giorno almeno 10 persone (perché nessuna vecchietta gira con 500 € in borsa) allora ...
Allora in Italia ci dovrebbero essere 100.000 borseggi al giorno!
Immaginiamo ora che le potenziali vittime dei borseggi siano 6 milioni di italiani (perché le comunità rom sono concentrate nei grandi centri urbani);
in pratica ogni italiano che cammina per strada in una città abitata da rom dovrebbe essere borseggiato una volta al mese da uno ragazzo rom!
Siamo alla follia pura!
Neanche il "cinegiornale" fascista dell'istituto luce sarebbe stato in grado di mandare subdolamente un messaggio del genere.

Non temete, Fascini presto cercherà un nuovo bersaglio "facile".
Qualche anno fa, per esempio, i suoi colleghi di partito spiegavano che i calabresi rubano il lavoro nelle scuole ai settentrionali, che i calabresi hanno esportato la criminalità organizzata nel settentrione, che i soldi impiegati nello sviluppo nella Calabria ("fiumi di denaro" dicevano loro) erano soldi sprecati perché i calabresi sono mafiosi, ...
Meditate gente, meditate.

mercoledì 8 aprile 2015

La tortura di Stato non finisce alla Diaz o a Bolzaneto

Mario,
questo il nome di fantasia che hoscelto per parlare di una vittima dello Stato.
Il nostro Stato, la Repubblica Italiana, uccide le persone:
non "Pena di morte" ma "Morte per pena (disumana)"

Mario:
Un uomo di mezza età che ne ha passate tante nella vita. Una di quelle persone che quando le hai conosciute ti lasciano un ricordo indelebile.
Una di quelle persone che quando le vedi per la seconda volta, credi che siano tuoi amici da sempre.
Mario è una bella persona. Sempre sorridente, sempre disponibile con gli altri, generoso.

Nel corso del 2015 si sono tolte la vita 14 persone nelle nostre carceri.

Mario era uno di loro. Mario era innocente, non doveva starci in carcere. Non ha retto l'umiliazione, il dolore, il degrado, ...
Si è tolto la vita non perché una qualche malattia lo avesse indotto a cercare la morte; Mario stava benissimo prima di entrare in carcere.

Si è tolto la vita perché è stato privato della sua dignità; incapace di sopportare oltre, la carcerazione così come avviene in Italia.

Non conosco i nomi, le storie delle 14 persone che si sono tolte la vita in questo scorcio di 2015. Non ho idea di chi, tra loro, fosse Mario. Ma di una cosa sono sicuro: almeno uno di loro è il "mario" di cui vi ho parlato. Forse non è nato in Italia, forse è una donna, forse è musulmano, forse è giovane, giovanissimo. Ma c'è!

Le persone che amavano Mario non lo rivedranno mai più. Io non lo conoscerò mai. Nessuno mai più su questa terra avrà l'onore e il piacere di parlargli. Chi ripagherà tutti noi per la sua perdita?

È se anche Mario fosse stato colpevole e meritevole di stare in carcere, chi può pensare che fosse meritevole di morire? chi può pensare che la sua morte sia stata una fatalità? chi può pensare che la responsabilità non sia anche nostra? chi può pensare che la sua morte non rappresenti un impoverimento della nostra società? chi può pensare che non ci sia una diretta relazione tra la disumanità di alcune (molte, moltissime) carceri italiane e la morte di 14 persone?

E se mi trovassi io in carcere colpevole di non so quale reato, resisterei alla tortura?

venerdì 3 aprile 2015

L'ostracismo dell'informazione 2.0

La segretaria di Radicali italiani torna a dare prova del suo coraggio e della sua caratura politica incominciando una nuova Disobbedienza Civile in puro stile Radicale.
Si tratta di infrangere una legge per la quale centinaia (se non migliaia) di italiani stanno ora pagando con il carcere. La coltivazione di canapa indiana, alias cannabis, a tutti nota anche come marijuana.
Rischia grosso Rita Barnardini che ha appena piantato sul suo terrazzo 50 piante di una speciale tipologia di canapa indiana quella di tipo "terapeutico" allo scopo dichiarato di cederla, una volta raccolta, ai malati che oggi in Italia sono impossibilitati o fanno una enorme fatica a reperirla.

Si tratta di una notizia più che rilevante! Rita Bernardini vuol fare emergere la contraddittorietà dell'attuale legge che nei fatti vieta ai malati di poter accedere a questa pianta che ha indiscusse proprietà terapeutiche.

E sapete cosa succede se cercate notizie su Rita Bernardini sui principali siti di informazione "on line"? ci si aspetterebbe il giusto spazio ad una notizia così rilevante!

E come se Casini mettesse un tavolino in piazza per raccogliere firme per la legalizzazione della prostituzione. È come se Matteo Salvini decidesse di assumere (con regolare contratto) una immigrata priva di permesso di soggiorno come collaboratrice domestica e lo rendesse pubblico.

Ebbene se il segretario di un partito politico in Italia pianta 50 piante di cannabis sul suo terrazzo ci dovrebbero scrivere paginate e paginate di roba.

E invece nulla! Non vorrete dare visibilità politica ai radicali?
L'ultima notizia che riguarda la segretaria di Radicali Italiani su "repubblica.it" risale al 27 gennaio scorso; peggio ancora su "corriere.it" dove alla ricerca delle parole "Rita Bernardini" troviamo un recentissimo articolo del 22 aprile 2014!

Ebbene NESSUNA delle 5 testate giornalistiche più vendute (la Repubblica, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore, la Stampa, il Fatto Quotidiano) ha dato la notizia!!!

Solo il Sole 24 Ore nel parlare del disegno di legge del Movimento 5 Stelle sull'autocoltivazione di cannabis ha parlato di Rita Bernardini in fondo all'articolo dedicandogli ben 1 rigo!

Questa sì che è informazione!

sabato 28 febbraio 2015

SUM o SUME?

Quale acronimo preferite? SUME oppure SUM?

Il significato è lo stesso.

L'idea è quella di creare una federazione di stati europei e non solo.
Allora mi è venuto in mente il prefisso "meta-" che se ho ben capito vuol dire "oltre".
Quindi la federazione che ho in mente è quella degli Stati Uniti Metaeuropei!
Avevo pensato anche agli Stati Uniti d'Europa e del Mediterraneo che non è male; verrebbe fuori SUEM.
Il Mediterraneo ha significato in oltre 15 mila anni con le sue rotte commerciali (e migratorie) un grande successo per l'umanità.
Esisterebbero forse la democrazia, la filosofia, la scienza, la matematica, ... come oggi le conosciamo senza il bacino del Mediterraneo? Probabilmente no.
E allora perché voltare le spalle al Mediterraneo?

Recentemente ho letto che il bacino del Mediterraneo durante varie ere geologiche (alcune durate milioni di anni) fu una grande depressione con grandi laghi molto salati alla foce di grandi fiumi (Rodano, Nilo, ...) e che l'ultima e "definitiva" (?) riapertura di un varco in quella lingua di terra che oggi chiamiamo Stretto di Gibilterra è avvenuta meno di un milione di anni fa.
Allora gli ominidi - nostri progenitori - popolavano già da centinaia di migliaia di anni l'Africa e chissà che non avessero già raggiunto a piedi l'Europa prima della formazione del Mar Mediterraneo.

Poco importa, quello che  importa è che una federazione non solo Pan-Europea ma Meta-Europea - con riferimento ai paesi mediterranei ma anche a quelli più a Est come quelli caucasici - può rappresentare una occasione per un forte sviluppo non solo economico.

Dobbiamo essere ambiziosi:

Stati Uniti Metaeuropei subito!

venerdì 6 febbraio 2015

“Giornata internazionale della tolleranza zero verso le mutilazioni genitali femminili”

“Giornata internazionale della tolleranza zero verso le mutilazioni genitali femminili”: NPSG chiede la piena e completa attuazione della Risoluzione delle Nazioni Unite per il divieto globale delle MGF | No Peace Without Justice



Sconfiggere la pratica delle mutilazioni genitali femminili non è facile.
Passi avanti sono stati fatti ma c'è ancora una lunga strada da percorrere.


Sostenete in tutti i modi che potete (anche con delle donazioni) la battaglia (non solo) di Emma Bonino e della Associazione Radicale "Non C'è Pace Senza Giustizia" / "No Pace Without Justice" !

giovedì 5 febbraio 2015

Condannati al sottosviluppo

Su Radio Radicale c'è una bella rubrica che si chiama "Furore. Storie e letture della crisi economica" condotta da Stefano Imbruglia;

in una puntata è stato intervistato un certo Gianfranco Battisti che è simultaneamente Direttore dell'Alta Velocità di Trenitalia e - pensate un po' - 
Vicepresidente di FEDERTURISMO!

Una rubrica che parla della crisi economica non può che essere interessante!
Soprattutto per noi italiani meridionali che patiamo una crisi ancora più marcata.

Esordisce Stefano Imbruglia dicendo:

"In questo nostro viaggio attraverso la crisi partiremo da una storia di successo!"

e io nella mia mente ho pensato:
"oooh, che bello, in Italia non tutto va in malora, ci sono storie di successo!"


continua Imbruglia dicendo:
"una storia di successo che parla di turismo, di trasporti e di Trenitalia"

(alla parola Trenitalia ho fatto una brutta smorfia)


"l'Alta Velocità delle ferrovie pubbliche, in pochi anni, ha raddoppiato i viaggiatori e sono in cantiere iniziative per incentivare il turismo in alcune zone con accordi con compagnia aeree per permettere al turista straniero che arriva in Italia di muoversi nel Paese".

A questo punto ho già capito tutto ma lascio giudicare voi:

S.I. "voi avete fatto quest'accordo per collegare alcune mete turistiche in maniera continua";

G.B. "Abbiamo cercato di sostenere la domanda turistica del Paese e di dare maggiore offerta sulle destinazioni a vocazione turistica con prezzi competitivi", "le destinazioni sono quelle della riviera romagnola; in particolare sulla tratta Ancona-Milano e poi da Torino, sempre sulla riviera romagnola".


S.I. "Lei è anche vicepresidente di Federturismo; uno dei problemi del turismo è legato ai trasporti perché poi fondamentalmente l'Italia è bella ma è lunga e non è facilmente raggiungibile";

(da calabrese posso confermarlo)


G.B. "Noi abbiamo un ruolo importante nella filiera del turismo; lo ha in generale il trasposto perché non c'è sviluppo del turismo se non c'è accessibilità; e noi raccogliamo le esigenze del territorio, degli operatori";

(lui è VICEPRESIDENTE di Federturismo e DIRETTORE dell'AV di Trenitalia! secondo voi quando parla di sviluppo del turismo di quali operatori e di quali territori sta parlando?)

S.I. "riguardo ai biglietti "integrati", come funziona? un turista russo compra il biglietto a Mosca e ..."

G.B. "compra il biglietto aereo e quello dell'Alta Velocità: l'anno scorso abbiamo venduto 5.000.000 di biglietti per l'alta velocità ai turisti diretti in Italia";

S.I. "questo vostro grande successo, ... siete un'azienda pubblica, ... questo raddoppio dei passeggeri, ... e legato anche a queste iniziative!"; 

G.B. "mi fa molto piacere che abbia sottolineato questo aspetto; 
siamo un'azienda che è andata incontro alle esigenze di mobilità del Paese
l'Alta Velocità è l'investimento infrastrutturale più importante dal dopoguerra a oggi";

Qui finisce l'intervista a Battista e a me viene da piangere.

Prendiamo Calabria e Sicilia - che dovrebbero essere regioni strategiche per lo sviluppo del turismo italiano:

nelle due regioni i km di ferrovia ad Alta Velocità sono ZERO e resteranno ZERO per chissà quanto altro tempo (15 anni, 20 anni?).In Calabria ci sono centinaia e centinaia di km di ferrovie in meno rispetto a 100 anni fa!
(sto parlando del 1920 ! ! ! )

In Sicilia dal 2002 ci sono stati solo tagli e nessun treno nuovo ed è dell'altro ieri la notizia che Trenitalia a breve ridurrà l'attraversamento dello Stretto di Messina ai minimi termini, sopprimendo tre treni e due navi.

Alla faccia dell'articolo 119 comma 5 della Costituzione.
Ma sicuramente i "territori" e gli "operatori" siculo-calabresi sono entusiasti della "STORIA DI SUCCESSO" di Trenitalia; avesse almeno la decenza di cambiare nome.