venerdì 30 marzo 2018

Sciopero della fame per il rispetto della legge a garanzia dei Diritti Umani

Ruffa (Radicali): “Sciopero della fame perché non sono ancora garantiti i diritti dei detenuti in Calabria”.



"Spiace constatarlo, ma è passato oltre un mese dalla data limite (28 febbraio 2018), stabilita dalla Legge Regionale numero 1 del 29 gennaio 2018, per la pubblicazione ad opera della Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria di un avviso pubblico per la presentazione delle candidature alla elezione da parte dell’assemblea regionale del “garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale”; è passato oltre un mese e dell’avviso pubblico sul BURC non vi è traccia" Così Rocco Ruffa militante del Partito Radicale Nonviolento e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani (movimento costituente del PRNTT) nel suo comunicato che precede di pochi giorni la visita che la delegazione del PRNTT guidata da Giuseppe Candido effettuerà giorno di Pasqua nella casa circondariale "nuovo complesso penitenziario di Vibo Valentia.

Chiosa Ruffa: "Le leggi (e le scadenze in esse contenute) sono fatte perché i cittadini le rispettino eppure constatiamo a malincuore che il massimo organo legislativo calabrese che le ha emanate può tranquillamente disattenderle."


Al suo 35° giorno di sciopero della fame (intrapreso il 23 gennaio scorso e portato avanti questa settimana con 4 giorni di sciopero che si concluderanno il giorno di Pasqua) Ruffa si batte perché anche la Calabria abbia il garante dei detenuti che non è ancora stato eletto; garante a cui competerà fare visite periodiche nei tanti istituti calabresi come da anni solo i Radicali continuano a fare -come ha insegnato loro Marco Pannella- in special modo durante le festività.

"Sentiamo ancora più forte - si continua a leggere -

il desiderio di nutrire Speranza (e la visita che faremo la mattina di Pasqua nel carcere di Vibo ne è un esempio) nell'operato del Consiglio Regionale, a partire dall’organo di presidenza, affinché si affrettino ed eleggano al più presto questa importante figura di garanzia. Noi non molliamo, e andiamo avanti con la Nonviolenza. Quella nonviolenza

di cui sono stati capaci - assieme a noi radicali, su iniziativa dell’On. Rita Bernardini, migliaia e migliaia di detenuti per chiedere l’approvazione dei decreti delegati che il governo italiano doveva emanare a seguito della legge 103/2017 per riformare l’Ordinamento Penitenziario vecchio di 40 anni".

"Eppure - conclude il comunicato - quella legge dava tempo un anno al Governo per emanare tutti i decreti legislativi di riforma dell’Ordinamento Penitenziario in linea con i principi in essa contenuti. A luglio sarà passato un anno dalla promulgazione della legge e in assenza di un governo si corre il rischio di vanificare un lavoro durato anni.

A quanto pare anche per i rappresentanti degli italiani che siedono in Parlamento (non solo per i consiglieri regionali della Calabria) non esista alcun obbligo di rispettare le scadenze contenute nelle leggi".

lunedì 19 marzo 2018

Mimmo Lucano condannato per "eccesso di umanità"

Pochi giorni fa Massimo Bordin spiegava su Il Foglio (vedi precedente post di questa rubrica) come oramai il dibattimento (luogo in cui deve essere provato ogni illecito) è diventato un momento superfluo agli occhi di una certa informazione e di riflesso agli occhi dell'opinione pubblica. 

Basta la "conclusione indagini" per addivenire all'innocenza o alla colpevolezza di qualcuno.




Nel caso di Mimmo Lucano non serve neanche il rinvio a giudizio per sbatterlo in prima pagina come "il sindaco dell'accoglienza indagato per truffa"! 

Speriamo che, qualora l'indagine dovesse concludersi in un nulla di fatto, i giornali siano altrettanto solerti nel comunicarlo ai loro lettori.




Per fortuna qualcuno è riuscito a leggere uno dei verbali redatti dagli ispettori della Prefettura di Reggio Calabria e a suo dire la relazione è elogiativa del "sistema Riace". Emoziona leggere nell'articolo di Donata Marrazzo -pubblicato da Il Sole 24 Ore il 27 Febbraio scorso- come il verbale redatto dagli ispettori della Prefettura "è sorprendente per stile e contenuti: in prosa quasi poetica" (qui il link al suo articolo).

Ne scrivono anche Il Manifesto (qui il link) e L'altro Corriere (qui il link) dove possiamo leggere alcuni stralci della relazione prefettizia: 

“nella scuola i ragazzini di Riace scherzano e scambiano commenti ironici con i loro coetanei dell’Africa o del vicino oriente”.

A Riace "le casa degli immigrati sono vecchie ed umili… ma pulite ed ordinate, venate della mescolanza di donne ed uomini di provenienza disparata" ed è possibile vedere all'opera “un abile cuoco sahariano mentre prepara magnifiche pizze” in un paesino in cui grazie agli immigrati (ri-)vivono “botteghe artigiane in cui si lavora il legno, il vetro, la lana, i tessuti…”.

Spero che gli organi inquirenti concludano le indagini e accertino eventuali responsabilità perché non vorremmo che i risultati dei motori di ricerca continuassero a restituire accanto alle parole "Mimmo Lucano" solo quella di "indagato".


È ancora possibile sperare in una "umanità che fa bene" - come recitava il motto della campagna/proposta di legge "Ero straniero" firmata da oltre 90.000 italiani e lanciata da Radicali Italiani assieme ad un nutrito gruppo di associazioni benefiche di stampo cristiano - anche se dobbiamo ammettere non mancheranno gli scontenti.

Sicuramente questo modello di inclusione non piace alle mafie, ai latifondisti più spregiudicati e -più in generale- alle organizzazioni criminali visto che non possono contare su questi nuovi "riacesi" per lo spaccio della droga, per rinfoltire le fila della prostituzione o per lavorare in semi-schiavitù nei campi al servizio di noi italiani.

il rinvio a giudizio è già condanna

di Massimo Bordin
su Il Foglio del 3 Marzo 2018
rubrica "Bordin Line"

L’irrilevanza del dibattimento, come in questa rubrica si è affermato più volte, è la caratteristica di questo momento nel rapporto fra giustizia e informazione. Domina - come nelle cronache politiche prevalgono i cosiddetti retroscena - il racconto della fase istruttoria, preliminare, e per alcuni aspetti, in teoria, segreta di una indagine giudiziaria. Dopo il rinvio a giudizio, i riflettori si spengono. Eppure si apre il momento pubblico per eccellenza del rito giudiziario. La prova deve formarsi nel pubblico dibattimento, sostiene il codice di procedura finalmente riformato. La cosa sembra non interessare l’informazione, nemmeno al momento in cui si tirano le fila con le conclusioni delle parti. Nel processo sulla cosiddetta trattativa la fase della discussione finale si è tradotta sui giornali in titoli sulle richieste di pena della pubblica accusa. Se ne tornerà a parlare al momento della sentenza che, se non sarà conforme a quelle richieste, inevitabilmente sconcerterà i lettori. Funziona così ed è un meccanismo perverso. Eppure molto ci sarebbe da raccontare al lettore a proposito dell’interpretazione alternativa alla ipotesi accusatoria che la difesa sta prospettando. Soprattutto i difensori del generale Mori, il professore Musco e l’avvocato Basilio Milio che in questi giorni affronta il tema chiave del processo, che sta nelle parole: trattativa, innanzitutto, che diviene minaccia nel capo di imputazione e intermediazione nella narrazione dei pubblici ministeri. Un groviglio di parole e significati, cortina fumogena sul nulla.

venerdì 16 marzo 2018

OP: un passo avanti per lo Stato di diritto

Ruffa (Radicali): Proseguo lotta nonviolenta con lo sciopero della fame ma ringrazio l’attuale compagine governativa per l’emanazione, seppur parziale, dei decreti delegati in tema di Ordinamento Penitenziario

Nuntio vobis cum magno gaudio habemus reformationem!

Occorre utilizzare il latino per annunciare che finalmente abbiamo la riforma dell’ordinamento penitenziario che risaliva al 1975. Non è ancora “operativa”, visto che solo oggi il Consiglio dei Ministri ha emanato il decreto legislativo ma è ormai questione di pochi giorni affinché il testo veda la luce in Gazzetta Ufficiale.

Il Governo in carica ha appena varato una delle parti più rilevanti dei decreti che gli erano stati delegati lo scorso giugno dal Parlamento a seguito della Legge 103/2017; legge che, grazie al lavoro preliminare portato a termine dagli Stati Generali dell’Esecuzione Penale voluti dal Ministro Orlando, dettava e detta le linee guida per procedere alla complessiva riforma delle regole che danno attuazione all’art. 27 della nostra Costituzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”).

Non erano - infatti - mancate condanne da parte Corte EDU in tema carcerario per la sistematica violazione dei diritti umani dei detenuti e solo oggi (anche se parzialmente) a distanza di 5 anni, poniamo un significativo rimedio.

Quanto avvenuto oggi è un ottimo risultato se - come sosteneva Massimo Bordin oggi su il Foglio - si è mostrata “la capacità di operare scelte coraggiose rispetto alla pulsioni forcaiole, alimentate dalla peggiore politica e dalla peggiore informazione, e attenzione a quanto di progressivo si muove nella società”.

Un ottimo risultato, ottenuto grazie all’instancabile lavoro delle associazioni e dei partiti politici (a cominciare dal Partito Radicale e dalla coordinatrice della presidenza Rita Bernardini) che hanno sempre avuto a cuore il rispetto dello Stato di Diritto anche all’interno dei luoghi di reclusione.

La strada è ancora in salita ma non molliamo la nostra battaglia -anche a livello regionale- affinché un altro importante tassello delle complessa macchina volta alla tutela dei Diritti Umani venga posto: la nomina del Garante regionale delle persone private della libertà.

In migliaia, incluso il sottoscritto, nelle scorse settimane hanno preso parte al Satyagraha dedicato a Marco Pannella per l’approvazione della riforma; ora la nostra battaglia procede (sono 29 i giorni di sciopero della fame compiuti dal 23 Gennaio ad oggi) con tre giorni di digiuno a settimana perché anche la Calabria abbia chi garantisce il rispetto di chi è recluso.

Tocca ora al Presidente del Consiglio Regionale della Calabria Nicola Irto ottenere, a seguito della legge regionale numero 1 del 2018 -con un avviso pubblico- quante più candidature alla carica di Garante dei detenuti perché questo vulnus cessi.

Appena la riforma dell’Ordinamento Penitenziario comincerà a prendere vita, occorrerà che il Garante regionale vigili per una sua piena attuazione anche qui in Calabria dove il reinserimento dei condannati può significare la differenza tra una regione che si migliora grazie anche al contributo di chi ha sbagliato e una regione condannata ad una sempre più profonda crisi di valori e di rispetto reciproco.

sabato 10 marzo 2018

Ruffa (Radicali): Proseguo lotta nonviolenta con digiuno tre giorni alla settimana ma ad oltranza per chiedere la nomina del Garante regionale dei detenuti

“Il Governo Gentiloni avrebbe potuto (e dovuto) varare la riforma dell’Ordinamento Penitenziario approvando i decreti delegati. Ciò non è avvenuto per motivi di opportunità elettorale.
Nelle settimane scorse, oltre diecimila persone (tra detenuti e liberi cittadini) letteralmente ignorati dai mass media, avevano scelto la Nonviolenza per sostenere Rita Bernardini e il Partito Radicale e lanciare un grido di speranza rappresentando l’urgenza della riforma dell’Ordinamento Penitenziario (fermo dal 1975), soprattutto per quanto riguarda l’affettività in carcere e il rispetto dei diritti umani come il diritto alla salute e alla rieducazione volta al reinserimento sociale, anche dietro le sbarre.
Per questo -e a maggior ragione- non è più tollerabile che la nostra Regione, in tema di esecuzione penale, resti ancora tra le poche regioni italiane priva della fondamentale figura del Garante regionale dei diritti delle persone private della libertà personale”.

E’ quanto si legge in un comunicato stampa di Rocco Ruffa, membro del comitato nazionale di Radicali Italiani, già candidato nelle liste + Europa.

In riferimento alla questione Garante dei detenuti in Calabria, si legge ancora nel comunicato che:
<< Dopo quasi tre anni di discussione in commissioni varie, finalmente lo scorso 29 gennaio 2018 ha visto la luce la legge regionale n° 1 che ha istituito la figura del Garante e per la quale ci siamo tanto battuti. Non vorremmo adesso che, per arrivare alla nomina del Garante da parte del Consiglio Regionale con la maggioranza dei due terzi così come prevista dall’articolo 3 della legge, ci si impieghino altri tre anni di tempo. Il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani, non possono più aspettare.

Purtroppo, in Calabria, questa figura di garanzia è ancora assente:ai sensi del comma 4 dell’articolo 3 della legge istitutiva del “Garante dei detenuti”,  il Presidente del Consiglio Regionale Nicola Irto avrebbe già dovuto far pubblicare -entro il 28 febbraio scorso trattandosi di prima applicazione della legge - “un avviso pubblico per la presentazione delle candidature alla carica di garante regionale”.
Invece constatiamo che, >> conclude il comunicato << ad oggi, sul Bollettino ufficiale telematico della Regione Calabria (BURC) non è stato pubblicato alcun bando. Non vorremmo sbagliarci, ma se ciò fosse vero, figuriamoci allora quanto dovremo aspettare per la nomina, con la maggioranza dei due terzi necessaria. Temiamo che si arrivi alle calende greche.

Per questo, come ci ha insegnato a fare Marco Pannella, non molliamo e continuiamo - con digiuno ad oltranza (tre giorni alla settimana di sciopero della fame) - a nutrire la Speranza che la nomina del Garante regionale per i diritti delle persone private della libertà avvenga subito, seguendo i tempi previsti dalla stessa legge, e soprattutto senza che questa figura rientri nei tempi lunghi del gioco di poltrone della partitocrazia >>.