Questa breve racconto racconta la storia di un bambino.
Vorrei dedicare questo breve articolo a Marco Pannella ma parafrasando Antoine de Saint-Exupéry, dedico questa storia al bambino che questa grande persona è stato. Tutti i grandi sono stati bambini una volta, anche i grandi uomini, e quindi dedico questa storia a Marco Pannella, quando era un bambino.
Anche il bambino di questa storia è stata una grande persona.
La sua storia è un esempio per tutti noi ma la sua storia non è unica; chissà quante altre persone da bambine hanno vissuto la sua stessa esperienza.
Il bambino in questione è un bambino africano, che ad appena tre mesi di età ha subito la tragedia dell’abbandono.
Abbandonare, parola d’origine francese da “à bandon” / “mettre à bandon” = “lasciare alla mercè (di qualcuno)”.
In questo caso un abbandono non voluto, o per meglio dire, un abbandono obbligato, un abbandono frutto di una persecuzione.
Solo chi ha vissuto in prima persona una esperienza di questo tipo, è in grado di quantificare quanto dolore, quanta sofferenza, quanto sconforto, … si celi dietro la scelta consapevole di dover abbandonare il proprio figlio.
Eppure, nel caso in questione si è prodotto un miracolo - ebraicamente parlando.
Chi abbandona il proprio figlio, ovviamente, non è in grado di prevedere quale destino attende quella persona inerme, incapace di difendersi, incapace di decidere per se stesso MA … una cosa è certa, chi abbandona il proprio figlio in cuor suo ha un solo desiderio - uno e uno solo: desidera che chiunque alleverà quel suo figlio lo ami come se fosse il suo; lo ami e lo educhi affinché egli diventi un uomo forte, un uomo libero.
Chi abbandona il proprio figlio può mai pensare che per suo figlio debbano esserci solo dei genitori ricchi?
Chi abbandona il proprio figlio può mai pensare che per suo figlio debbano esserci solo dei genitori del suo stesso credo religioso?
Chi abbandona il proprio figlio può mai pensare che per suo figlio debbano esserci solo dei genitori eterosessuali?
NO! Assolutamente no!
Chi abbandona il proprio figlio pensa ad una sola cosa: Che per suo figlio, grazie al Signore, al destino o al buon Dio, debbano esserci SOLO dei genitori in grado di amarlo.
Ma torniamo a parlare del bambino africano.
Tra di voi, forse, qualcuno ha già capito; tra di voi, forse, qualcuno ha già intuito di chi sto parlando; e a quale Miracolo mi riferisco.
"Nomen, omen" dicevano i latini.
Con il cuore sotto un macigno, questa madre africana, perseguitata anche lei, schiava! … con il cuore sotto un macigno quella madre fu costretta ad abbandonare suo figlio - certa che quella fosse l’unica alternativa praticabile alla morte - infilandolo in una cesta e lasciando che quella cesta fosse trasportata via dalla corrente del fiume.
Il caso volle che poco più a valle quella cesta fosse ripescata e quel bambino fosse riscattato alla vita. La donna che raccolse quel bambino e decise sin dal primo momento di adottarlo si chiamava Bithia, era la figlia del faraone. Quel bambino - non sappiamo se sia mai esistito - ma la sua storia certo che esiste - quel bambino si chiamava Mosè.
Quel Mosè delle Tavole della Legge e dell’imperativo categorico del “Non uccidere”.
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