giovedì 7 gennaio 2016

La peste italiana o il "tumore italiano"?

Abbiamo sentito parlare in più di una occasione di “peste italiana”.
La peste come molti sapranno, è una malattia infettiva di origine batterica dovuta ad uno specifico batterio di cui non ricordo il nome. I radicali da diversi decenni parlano di “peste italiana” per significare lo stato patologico del nostro paese con proprietà altamente contagiose a livello transnazionale (si pensi all’ingolfamento della Corte Europea dei Diritti Umani che i ricorsi italiani hanno provocato in passato o alla diffusione a livello internazionale delle criminalità organizzate nostrane).

Oggi, però, alla luce dell’attuale situazione in cui verte il nostro paese la patologia che meglio di altre può rappresentare una più aderente analogia con lo stato italiano è il cancro.
Questa mia considerazione nasce dalla personalissima esperienza condivisa con decine di migliaia se non centinaia (forse milioni) di miei concittadini:
Se una persona oggi esegue - in questo nostro paese - una qualsiasi prestazione per un qualsiasi soggetto le conseguenze (ovvero gli effetti benefici o "malefici" che da essa scaturiscono) si differenziano non in funzione della qualità dell’esecuzione ma in funzione della territorialità. Già da ragazzo (oltre 20 anni or sono) sentivo interi settori della nostra comunità (del nostro “popolo”) esprimersi in questi termini: “se vuoi lavorare senza dover fare il doppio della fatica per ottenere lo stesso risultato, devi farlo DA ROMA IN SU” (altro che “Cristo si è fermato ad Eboli”!).
E attenzione: questo vale anche quando si ha a che fare con le pubbliche amministrazioni. Non capivo perché le stesse persone, le stesse metodologia e tipologia lavorative (per attenersi al mercato del lavoro) - ovvero i loro risultati - fossero così condizionati dal territorio.
A mio giudizio, già allora la patologia era manifesta: la causa del cancro era ed è l’assenza dello Stato di Diritto per ragioni sistematiche e non localistiche.
Ma contro quella malattia non è stato fatto (quasi) nulla perché non si è lavorato per eliminare la causa scatenante “l’assenza dello Stato di Diritto”; il cancro è cresciuto indisturbato e oggi la malattia è in stato avanzato: metastasi in tutti i gangli vitali del paese: sanità, infrastrutture, istruzione, ... . A mio modesto avviso, il tumore era ed è dovuto a ragioni sistematiche (si finge di non vedere, si tollera l'intollerabile, si ricorre allo “stato di emergenza permanente”). 

Se assimiliamo lo Stato Italiano ad un organismo, è come se il tumore si sia “materializzato” solo in una sua porzione (ipotizziamo “il polmone sinistro”).
Ma la causa del tumore non è imputabile al comportamento del “polmone sinistro”: il singolo polmone non decide per conto suo cosa inalare; non è in grado di mettere in pratica strategie difensive; serve un approccio olistico al problema se si vuole sconfiggere una patologia così marcata. Solo uno stolto potrebbe pensare che sarebbe sufficiente asportare tutto il polmone. Quell'organo era semplicemente il più esposto; forse la concentrazione di agenti cancerogeni era maggiore; forse c’erano già delle lesioni, forse un’infiammazione dovuta ad un raffreddore è stata curata male … poco importa.
Sta di fatto che la malattia ha un’origine endogena dovuta ad un mix di autocompiacimento (appariscenza piuttosto che sostanza) e trascuratezza (non cogliere i segnali, declinare ogni responsabilità).

Dicevo, “da Roma in su”, come paradigma della impossibilità di puntare ad uno sviluppo della persona e della propria comunità a certe latitudini: a milioni hanno lasciato le Due Sicilie; una vera diaspora.

Tutto il resto è una logica conseguenza: tornando al parallelo con l’organismo: a causa della unicità e indivisibilità dei sistemi circolatorio, endocrino, linfatico e nervoso (“Una e indivisibile” come scriveva dell’Italia il Presidente Emerito Giorgio Napolitano) era solo questione di tempo prima che i sintomi della malattia si manifestassero in tutto l’organismo.
siamo all’assurdo, il ricorso alla Magistratura è diventato un forma di masochismo da parte di chi chiede Giustizia.
Questo perché le lungaggini della giustizia, i suoi costi, l’intangibilità delle somme illecitamente sottratte, accumulate e distratte chissà dove, sono diventati la norma!
Oggi più che mai l’ “organismo Italia” ha bisogno di una cura “poderosa”: una riforma della Giustizia di tipo “chemioterapico”. Certo, la chemioterapia ti fa cadere i capelli, ti rende debole, non puoi divertirti e spassartela come prima, devi seguire una dieta ferrea (altro che Olimpiadi di Roma) e mille altre contro-indicazioni. Ma è in gioco la sopravvivenza del nostro paese e ... tant’è.

Ma la malattia non è “la Calabria”, la malattia non è “la Campania” (ricordiamo quando il Ministro Brunetta disse: «la conurbazione Napoli-Caserta è un cancro sociale e culturale. Un cancro etico, dove lo Stato non c’è, non c’è la politica, non c’è la società»).
Oggi si arriva al paradosso che la (quasi) totale assenza dello Stato di Diritto assume a volte tratti comici: dalle mie parti un professionista può sentirsi dire da un cliente che non vuol pagare in tono minaccioso la seguente frase: “FAMMI CAUSA!”.



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