domenica 29 novembre 2015

"Stretto, Stretto delle mie brame ..."

Il ponte sullo Stretto di Messina è una infrastruttura che può portare sviluppo in Sicilia come in Calabria. Questo è un dato di fatto incontrovertibile e immagino che nessuno possa negarlo.






Ma a cosa servirebbe questo ponte? come tutti i ponti il suo fine ultimo sarebbe quello di essere attraversato da persone e cose ma le "cose" - come tutti sanno - nel 2015 si spostano molto più velocemente con le navi portacontainer e visto che la Sicilia è un isola ...




Ma torniamo alle persone:
Ovviamente sia i siciliani che i calabresi sarebbero molto contenti di poter raggiungere l'altra sponda dello Stretto in poco tempo ma che risparmio si avrebbe in termini di tempo (perché in termini di costo il risparmio sarebbe "0 €" visto che per ripagarsi il ponte deve essere a pedaggio e non può che costare almeno tanto quanto oggi costa attraversare con i traghetti)?
Questa domanda è lecita e doverosa perché per valutare se è opportuno investire in questo periodo di "vacche magre" bisogna valutare bene i benefici e perché magari gli stessi soldi potrebbero (e dovrebbero) essere spesi in altri modi in Sicilia e Calabria:


oggi per attraversare lo Stretto i mezzi non mancano.

Chiunque vuole andare in Sicilia (immaginiamo un pedone) partendo da Reggio Calabria ha due modi: prendere il treno nella stazione ferroviaria di "Reggio di Calabria Centrale" (sic! dal sito di Trenitalia), e traghettare tra Villa San Giovanni e Messina (visto che i traghetti attualmente lasciano in pieno centro) per un tempo totale stimato tra i 60 e gli 80 minuti.

Oppure?
Oppure prendere un traghetto al porto di Reggio Calabria senza avvalersi del treno; tempo impiegato? circa 30 minuti (ma se si disponesse di navi veloci pensate allo scopo si potrebbero impiegare meno di 15 minuti).

E con il ponte?

Sempre ipotizzando di attraversare il mare in treno, se per attraversare i tremilaseicento metri sull'acqua bastassero 3 minuti ci si ritroverebbe da un lato a Villa San Giovanni e dall'altro a Ganzirri. Il resto del percorso (15 km in Calabria e 10 km in Sicilia) ad una velocità media di 60 km/h richiederebbe - guarda un po' - circa 30 minuti.

Allora diciamolo con chiarezza: reggini e messinesi non hanno alcun bisogno del ponte, soprattutto se lo (le Ferrovie delloStato (la Repubblica Italiana) investisse in un servizio moderno di navi veloci spendendo una cifra infinitamente più piccola dell'eventuale costo del ponte.

Ma gli altri? I turisti che vogliono vedere la bellissima Sicilia? Prendiamo il punto più lontano "Trapani".
Da Trapani a Roma ci vogliono 11 ore e mezzo in macchina (fonte google.maps) e - UDITE, UDITE - dalle 16 alle 21 ore in treno (fonte trenitalia.it)!

Pensate che trascorrere mezz'ora in traghetto godendosi la vista del tratto di mare tra Scilla e Cariddi, sia il vero problema?

sabato 28 novembre 2015

Cittadinanza

Il tema della cittadinanza, a mio avviso, va visto con una logica “transnazionale”. Le cittadinanze, e quindi le nazionalità, vanno intese come multinazionalità. Oggi, ad esempio, ho in tasca un pezzo di carta che riporta la dicitura “italiana” accanto a "cittadinanza". Ma possiamo dire, senza paura di sbagliare, che condivido con tantissime persone non italiane un'altra cittadinanza che è quella europea. L’Italia, come è noto, fa parte dell'Unione Europea e quindi italiani, tedeschi, francesi, greci, ... non condivido solo una unica moneta ma anche una cittadinanza (un'altra non antitetica con quella "italiana": sul mio passaporto - per capirci - sono riportate le parole “Unione Europea” accanto a quelle “Repubblica Italiana”).
Ma c'è di più: l'Italia, come tutti sapranno, fa parte dell'ONU - l'Organizzazione delle Nazioni Unite essendone entrata a far parte il 14 dicembre 1955; ma prima ancora di far parte dell'ONU l'Italia era stata tra i paesi fondatori del Consiglio di Europa. Il Consiglio d'Europa (che ha preceduto di molto l’Unione Europea) è nato il 5 maggio 1949 e l'Italia ne ha subito fatto parte assieme a altri 9 stati. Oggi gli stati che ne fanno parte sono ben 47 e, per questa ragione, ogni italiano condivide con oltre 800 milioni di persone questa altra forma di cittadinanza. 

Ma di cosa si tratta? 
Cosa unisce un georgiano con un cipriota, un italiano con un russo? La risposta è semplice: l’ambizioso progetto di un’Europa di Pace fondata sui seguenti principi: Diritti Umani, Democrazia e Stato di Diritto.
Questi principi sono tra loro inscindibili: non c’è Democrazia (con la D maiuscola) dove vengono violati i Diritti Umani e non possono essere garantiti i Diritti Umani dove si nega lo Stato di Diritto in favore della “ragion di Stato”.
Purtroppo l’Italia sta attraversando un periodo particolarmente buio nel quale le spinte antidemocratiche si fanno strada tra la gente - privata del Diritto di Conoscere - che sulla scorta di spinte securitarie tende ad approvare o comunque a non opporsi a comportamenti illiberali e di “sospensione della Democrazia” conseguenti a quel “nazionalismo” bieco, prepotente, violento che mette le “ragioni dello Stato” prima dello Stato di Diritto. Oggi è essenziale affermare un nuovo Diritto Umano che non è contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata dall'Assemblea dell'ONU il 10 dicembre 1948. Si tratta del Diritto Umano alla Conoscenza. Se ci pensate nelle nostre vite, quotidianamente e con sempre maggiore frequenza il Diritto alla Conoscenza è ostacolato, negato, violato da coloro che detengono il Potere (nelle sue varie forme):
  • vengono raccolte le firme per un Referendum? nessuno ne parla; i mezzi di informazione non fanno passare la notizia e la raccolta delle firme fallisce;
  • una forza politica vuole proporre vie democratiche e nonviolente per il superamento dell'emergenza terroristica? "idem con patate"; non se ne sa nulla;
  • in una qualsiasi delle carceri che ti stanno intorno vengono violati i più elementari Diritti Umani (diritto alle cure mediche, diritto di non essere torturati, diritto al cibo, ...)? l'informazione fa "quadrato" attorno a coloro che vogliono far credere che i penitenziari sono luoghi di villeggiatura dove si vive bene a spese dello Stato;
  • l'Italia è colpevole per aver avallato la guerra in Iraq che per stessa ammissione di Blair e Bush fu un gigantesco errore (con centinaia di migliaia di vittime innocenti)? Berlusconi viene addirittura riscattato da Alan Friedman che gli attribuisce il merito di aver tentato la strada dell'esilio per Saddam Hussein (cosa non vera come può verificare chiunque al seguente link). (http://bushblaircontrosicurapacefeceroguerrairakimpedendoesilioasaddam.it/content/silvio-berlusconi)
Gli esempi che si possono fare sono pressoché infiniti. II potenti, temono più di ogni altra cosa le persone che conoscono; perché sono queste le uniche in grado di ostacolare e mettere in discussione il loro potere. Oggi più che mai chi controlla l'informazione (attraverso RAI, Mediaset, SKY, La7, ...) fa l'esatto contrario: non si preoccupa del Diritto alla Conoscenza dei cittadini ma anzi si piega al Dovere di Disinformare procedendo spesso non solo ad omettere la verità ma a falsificarla!
 In questo articolo avrei voluto parlare di tutt'altro ma è andata così; non mi resta che scrivere ...
Fine Prima Parte

venerdì 27 novembre 2015

METODO POLETTI: "Studiare non serve a un ... fico"

"Laurearsi con 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21" Queste la parole del Ministro Poletti. Silenzio in sala ... Vediamo se ho capito: Se spettasse al Ministro Poletti scegliere un collaboratore, preferirebbe un 21-enne poco preparato ad un 28-enne molto preparato. Io credo che il Ministro Poletti abbia perso un'altra bellissima occasione per stare zitto. Poletti - in pratica - sta dicendo che non importa puntare al massimo ma è meglio risparmiare tempo e accontentarsi di risultati mediocri, non importa. Ma, una persona che la pensa così può fare il Ministro della Repubblica Italiana? io lo vedrei molto meglio come ministro della repubblica delle Banane! Io credo che in Italia sia molto più urgente e serio il problema dello scarso numero di persone che conseguono una laurea (rispetto a Germania, Francia, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito, Stati Uniti, ...) ma voglio restare sul punto e completare un ragionamento. Secondo Poletti investendo le stesse energie ci si può laureare prima anche se con risultati più scadenti. Per Poletti non importa se la sessione di esami si avvicina e non hai terminato di studiare il "programma" o se non lo hai studiato e ripetuto per benino; non importa se alcuni esercizi non ti escono; non importa se sei mancato a metà delle lezioni; ... non importa: vai all'esame comunque, anzi, fanne il tuo metodo! Il "Metodo Poletti". Io, invece, non la penso come il Ministro. Io invito tutti gli studenti, tutte le studentesse, tutti gli uomini e le donne di buona volontà a non accontentarsi. Non dovete accontentarvi della sufficienza. Dovete puntare alla perfezione anche se per definizione non è mai raggiungibile; dovete essere assetati di conoscenza, dovete essere curiosi, dovete voler approfondire ben oltre le nozioni contenute nelle dispense e nei libri di testo. Siate esigenti con voi stessi anche se questo vuol dire impiegare più tempo! Chiedete e pretendete da voi stessi il massimo, ambite alla LODE!
Soprattutto perché alcuni treni passano una volta sola e non avrete mai più l'occasione, il tempo, e neppure la voglia di dedicarvi all'approfondimento e agli studi accademici. E non crediate (come pensa il Ministro) che siano cose inutili.

Gli studenti hanno il diritto di conoscere approfonditamente quello che si studia, il Diritto alla Conoscenza (senza limitazioni). Non gli si deve far fretta sacrificando la loro preparazione. Il "Diritto Umano alla Conoscenza" diventa un DOVERE per uno studente universitario (e più in generale per uno studioso). Il Metodo Poletti, lasciatelo a quelli raccomandati, a quelli che non hanno bisogno di essere bravi per eccellere (quelli che hanno la carriera assicurata, magari come "Ministri di Repubbliche"!).
Se il Metodo Poletti dovesse aver senso, perché mai un impiegato dovrebbe preoccuparsi di svolgere bene il suo lavoro? hai 50 pratiche arretrate sulla tua scrivania? METODO POLETTI: falle più in fretta possibile anche se inevitabilmente compirai qualche errore. Ma finirai prima e potrai spassartela con gli amici! Sei un Magistrato e sulle tue spalle giacciono centinaia di procedimenti arretrati? METODO POLETTI: fai copia incolla da altre sentenze analoghe! i diritti di qualche cittadino verranno calpestati, certo, ma che importa! tu ti sei laureato in giurisprudenza con 97 a 21 anni, cosa pretendono da te?

giovedì 26 novembre 2015

PROTOCOLLO DI VIBO
CONTRO LA PROLIFERAZIONE DELLE GUERRE
Introduzione

Gli Stati, quando capirono l'insensatezza della guerra e la sua illogica e perversa natura generatrice di morte, distruzione e sofferenze, decisero che per porre un freno alla proliferazione incontrollata delle guerre (comprese quelle di natura terroristica) era necessario ridurre la produzione delle armi.
Il Protocollo di Vibo nasce dalla esigenza di istituire un processo permanente di esame, di discussione e di scambio di informazioni, che permetterà l'adozione di impegni supplementari adattati all'evoluzione delle conoscenze e della volontà politica.
Le Parti che sottoscrivono questo Protocollo si impegnano a ridurre per il periodo 2020-2024, la produzione di armi e armamenti del 10% rispetto ai livelli del 2000. Questa "produzione" viene calcolata come il totale della spesa che il singolo paese sostiene per armi ed armamenti. Non vengono conteggiate le spese sostenute per la prevenzione come l'intelligence, le spese sostenute per il confronto internazionale diplomatico, le spese per lo sviluppo di metodi nonviolenti volti a sedare conflitti armati, attacchi militari e rivolte popolari. Questi impegni, giuridicamente vincolanti, produrranno una reversione storica della tendenza ascendente dei conflitti armati che non solosono aumentati numericamente ma che, presi singolarmente, hanno prodotto mediamente sempre più vittime (militari e civili). Gli investimenti in armamenti vanno conteggiati come la somma che ogni singolo paese produce o importa.
Le armi e gli armamenti che il singolo paese esporta ad un paese firmatario del presente protocollo non vanno conteggiati - ai fini del presente Protocollo - a carico del paese esportatore ma solo a carico del paese importatore. Qualora, invece, l'esportazione fosse verso un paese non aderente al Protocollo, il valore dei beni venduti sarà conteggiato a carico del paese esportatore.
Il Protocollo di Vibo si aprirà alla firma il 16 marzo 2016. Entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 Parti, tra le quali i paesi sviluppati la cui produzione di armi e armamenti rappresenta almeno il 50% della quantità totale prodotta nel 2000. Parallelamente, le Parti continueranno ad adempiere agli impegni assunti e si prepareranno per la futura applicazione del Protocollo.
Indice


Gli articoli del Protocollo di Vibo contro la Proliferazione delle Guerre non hanno titoli: i temi enumerati qui di seguito hanno solo un carattere indicativo.
Preambolo
  1. Definizioni
  2. Politiche e misure
  3. Quantificazione degli impegni in materia di limitazione e riduzione delle armi
  4. Adempimento congiunto degli impegni
  5. Questioni metodologiche
  6. Trasferimento e acquisto di unità di riduzione della produzione (applicazione congiunta)
  7. Comunicazioni delle informazioni
  8. Esame delle informazioni
  9. Esame del Protocollo
  10. Progressi nell'applicazione degli obblighi esistenti
  11. Meccanismo finanziario
  12. Meccanimo per uno sviluppo "pacifico"
  13. Conferenza delle Parti agent come riunione delle Parti del Protocollo
  14. Segretariato
  15. Organi sussidiari
  16. Processo di consultazione multilaterale
  17. Commercio delle armi
  18. Inadempimento delle disposizioni
  19. Risoluzione delle controversie
  20. Emendamenti
  21. Adozione ed emendamenti allegati
  22. Diritto di voto
  23. Depositario
  24. Firma e ratifica,accettazione, approvazione o adesione
  25. Entrata in vigore
  26. Riserve
  27. Ritiro
  28. Testi autentici
Allegato A: Categorie e settori delle armi e degli armamenti impiegati nelle guerre
Allegato B: Quantificazione degli impegni di limitazione o di riduzione delle armi delle Parti




PROTOCOLLO DI VIBO CONTRO LA PROLIFERAZIONE DELLE GUERRE


Le Parti del presente Protocollo,
Perseguendo gli obiettivi contenti nella Dichirazione Universale dei Diritti dell'Uomo,
Ricordando le disposizioni in essa contenute,
Giudate dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali,
Consapevoli che la produzione delle armi è essa stessa motivo della proliferazione delle guerre,
Hanno convenuto quanto segue:
ARTICOLO 1


  1. Per "Parti presenti e votanti" si intendono le Parti presenti che esprimono un voto affermativo o negativo.
  2. Per "Parte" si intende, a meno che il contesto non indichi diversamente, una Parte del presente Protocollo.
ARTICOLO 2
  1. Ogni Parte, nell'adempiere agli impegni di limitazione quantificata e di riduzione della produzione e importazione di armi previsti all'articolo 3, al fine di promuovere lo sviluppo pacifico:
    1. Applicherà e/o elaborerà politiche e misure, in conformità con la sua situazione nazionale, come:
      1. miglioramento della sicurezza e delle politiche di intelligence che interessano i settori rilevanti dell'economia nazionale;
      2. miglioramento dei meccanismi che limitano l'accesso all'uso delle armi e miglioramento dei meccanismi di marcatura, contenimento e non proliferazione delle sostanze utili alla produzione di armi e armamenti;
      3. graduale riduzione della diffusione delle armi tra i civili e intensa attività volta al disarmo di organizzazioni criminali e terroristiche;
      4. promozione di metodi nonviolenti per la lotta alla criminalità, per la gestione delle sicurezza interna, per il controllo e il contenimento di adunate e manifestazioni (autorizzate o meno);
      5. contenimento della spesa in armamenti militari;
      6. promozione di uno sviluppo sostenibile delle aree a rischio povertà e emarginazione;
      7. ricerca, promozione e sviluppo e maggiore utilizzazione del dialogo e della nonviolenza come strumenti cardine per la risoluzione di controversie nazionali e internazionali di qualsiasi natura;
      8. riduzione progressiva, o eliminazione graduale, delle imperfezioni del mercato, degli incentivi fiscali, delle esenzioni tributarie e di sussidi, che siano contrari agli obiettivi del presente Protocollo, in tutti i settori responsabili della produzione di armi e armamenti;
      9. Incoraggiamento di riforme appropriate nei settori pertinenti, al fine di promuovere politiche e misure che limitino, riducano o puntino alla conversione dei settori dell'industria e delle forze armate specializzati nella produzione e nell'uso delle armi;
      10. Adozione di misure volte a limitare e/o ridurre la produzione di armi e armamenti nel settore della sicurezza interna;
      11. Limitazione e/o riduzione della produzione di esplosivi (incluse le armi nucleari), attraverso il loro recupero e il loro utilizzo a scopi pacifici, come nel caso della produzione di energia;
    2. Coopererà con le altre Parti per rafforzare l'efficacia individuale e combinata delle politiche e delle misure adottate a titolo del presente articolo. A tal fine, dette Parti dovranno dar vita ad iniziative per condividere esperienze e scambiare informazioni su politiche e misure, in particolar modo sviluppando sistemi per migliorare la loro compatibilità, trasparenza ed efficazia. La Conferenza delle Parti del Protocollo dovrà, nella sua prima sessione, o quato prima possibile, esaminare i mezzi per facilitare tale cooperazione, tenendo conto di tutte le informazioni pertinenti.
  2. La Parti cercheranno di limitare o ridurre la produzione di armi e armamenti operando con le varie organizzazioni internazionali (ad esempio la NATO).
  3. Le Parti si impegnano ad attuare le politiche e le misure previste nel presente articolo al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi, gli effetti sul commercio internazionale e gli impatti sociali, ambientali ed economici sulle altre Parti. La Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente Protocollo potrà adottare, se opportuno, ulteriori misure per promuovere l'applicazione delle disposizioni del presente paragrafo.
  4. Nel caso in cui ritenga utile coordinare alcune politiche e misure previste nel paragrafo 1.a) del presente articolo, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali e degli effetti potenziali, la Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente Protocollo, valuterà le forme ed i mezzi appropriati per organizzare il coordinamento di tali politiche e misure.
ARTICOLO 3
  1. Le Parti assicureranno, individualmente o congiuntamente, che la loro produzione di armi e armamenti indicati nell'Allegato A, non superi le quantità che sono loro attribuite, calcolate in funzione degli impegni assunti sulle limitazioni quantificate e riduzioni specificate nell'Allegato B in conformità alle disposizioni del presente articolo al fine di ridurre il totale della produzione e/o importazione di armi e armamenti (calcolato come fatturato lordo di detto settore industriale) del 10% rispetto ai livelli del 2000, nel periodo di adempimento 2020-2024.
  2. Ogni Parte dovrà aver ottenuto entro la fine del 2017, nell'adempimento degli impegni assunti a titolo del presente Protocollo, concreti progressi.
  3. Le variazioni nette del fatturato riferibile alla produzione e/o all'importazione di armi, armamenti, sostanze letali, eccetera, calcolate come variazioni verificabili della quantità di armi nel corso di ogni periodo di adempimento, saranno utilizzate dalle Parti per adempiere agli impegni assunti ai sensi del presente articolo. La produzione e l'importazione di armi, saranno notificate in modo trasparente e verificabile ed esaminate a norma degli articoli 7 e 8.
  4. Le armi e gli armamenti esportati non verranno conteggiate a carico della Parte che li ha prodotti solo se viene accertata come destinazione una delle Parti del presente Protocollo.
  5. Ogni Parte fornirà alla Conferenza delle Parti, per il loro esame, dati che permettano di determinare la diffusione e la quantità di armi e di procedere ad una stima delle variazioni di dette armi nel corso degli anni successivi.
  6. La Conferenza delle Parti agente ecome riunione delle Parti del presente Protocollo concederà alle Parti un certo grado di flessibilità nell'adempimento degli impegni assunti diversi da quelli previsti nel presente articolo.
  7. Nel corso del primo periodo di adempimento degli impegni per la riduzione e la limitazione quantificata delle armi, dal 2020 al 2024, la quantità attribuita a ciascuna Parte sarà uguale alla percentuale ad essa assegnata, indicata nell'Allegato B.
  8. La riduzione annuale di armi e armamenti si esprime come minore entità della somma tra fatturato lordo ascrivibile al mercato delle armi e valore assoluto delle armi e degli armamenti giacenti, in milioni di Euro. Anche le armi e gli armamenti obsoleti, anche se non funzionanti, vanno computati nel calcolo del volume totale di armi.
  9. La definitiva rottamazione o distruzione di un'arma, può essere conteggiata ai fini del calcolo della riduzione delle armi assegnata ad una Parte.
  10. Tutte le unità di riduzione delle armi, che una Parte acquista da un'altra Parte, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista.
  11. Tutte le unità di riduzione delle armi, che una Parte trasferisce ad un'altra Parte, sarà sottratta alla quantità assegnata alla Parte che la trasferisce.
  12. Tutte le riduzioni accertate delle armi che una Parte acquista da un'altra Parte, sarà sommata alla quantità assegnata alla Parte che l'acquista.
  13. Se le armi di una Parte, nel corso del periodo di adempimento, sono inferiori alla quantità che le è stata assegnata in virtù del presente articolo, tale differenza sarà sommata, su richiesta di detta Parte, alla quantità che le è stata assegnata per i successivi periodi di adempimento.
  14. Ogni Parte si impegnerà ad adempiere agli impegni indicati nel paragrafo 1, al fine di ridurre al minimo gli effetti sociali, ambientali ed economici contrari su paesi terzi e in particolare sui paesi in via di sviluppo. Tra le questioni da prendere in considerazione vi saranno il finanziamento, l'assicurazione ed il trasferimento di tecnologie.
ARTICOLO 4
  1. Le obbligazioni assunte alla luce del presente Protocollo possono essere assunte dalle Parti anche congiuntamente.
ARTICOLO 5
  1. Messa a punto di un sistema nazionale per la stima delle armi presenti, prodotte e importate.
ARTICOLO 6
  1. Possibilità per le Parti di compravendere "unità di riduzione" risultanti da progetti finalizzati alla riduzione delle armi.
ARTICOLO 7
  1. Ogni Parte fornirà le informazioni necessarie per assicurare di aver rispettato le disposizioni di cui all'articolo 3.
ARTICOLO 8
  1. Le informazioni comunicate ai sensi dell'articolo 7 saranno esaminate da gruppi di esperti.
ARTICOLO 9
  1. Aggiornamento del Protocollo alla luce delle migliori informazioni scientifiche disponibili.
ARTICOLO 10
  1. Tutte le Parti formuleranno programmi nazionali che puntino, anche attraverso la cooperazione, a perseguire le finalità del Protocollo.

Omessi gli articoli successivi al 10 e gli Allegati