lunedì 26 febbraio 2018

I tanti "Caso Tortora" e la necessaria Riforma dell'Ordinamento Penitenziario

Vengo da una famiglia tradizionalmente di destra”.
Esordisce così Mirella, prima di procedere nel racconto del caso di malagiustizia che ha coinvolto
la sua famiglia.
Anni fa suo cugino viene incriminato e condannato per un omicidio che non ha commesso.
La prova schiacciante è il rinvenimento di macchie di sangue sui suoi vestiti, unico imputato.


Il cugino in appello verrà completamente scagionato per non aver commesso il fatto perché
le macchie di sangue che lo “incastrano” non sono umane; il caso vuole che lui lavorasse
in una macelleria.


Ha ricevuto un risarcimento enorme” mi spiega Mirella ma le vite (la sua e quelle di noi familiari)
ne sono uscite stravolte:
il figlio di mio cugino - procede nel racconto Mirella - nei primi anni della vicenda subisce
un trauma profondo che lo rende dislessico, con forti ritardi nell’apprendimento e ora,
a distanza di molti anni, la sua situazione è ancora critica”.


Mentre la ascolto non posso non pensare al più celebre “caso Tortora” che vide coinvolto
l’esponente radicale in una caso altrettanto inquietante: condannato sulla base di una
“(falsa) prova” che lo “inchioda”: nella rubrica telefonica di un noto camorrista è stato rinvenuto
il suo nome con accanto un numero di telefono.


Solo in appello qualcuno si degna di sollevare la cornetta, comporre quel numero e scoprire
così che all'altro capo del telefono qualcuno risponde: “Pronto, qui casa Tortona”;
TORTONA con la ENNE.


Anche la vita di Enzo Tortora muta radicalmente dopo quegli avvenimenti: un male si impossessa
di lui e lo uccide poco dopo la sua assoluzione.


Mirella ora è una persona impegnata in politica; sostiene Angelo Broccolo,
candidato al Senato della Repubblica come capolista nel collegio plurinominale
“Calabria” con Liberi e Uguali - la formazione di sinistra nata dalla fusione di
Sinistra Italiana, Possibile e MdP art.1.



Tocca ad Angelo parlare; siamo a Montepaone dove assieme ad altri compagni conduce la sua
personale campagna elettorale; ci siamo incontrati quasi per caso e quando prende la parola mi
sorprende (qui il link, al suo intervento):
È qui presente un amico carissimo (rivolto a me - ndr) che viene da un’altra cultura politica
(una cultura politica che ha avuto grandi meriti in Italia, la cultura Radicale), a cui devo riconoscere
una grande sensibilità per la battaglia che stanno facendo (assieme al Partito Radicale - ndr);
quella per l’affermazione di un diritto costituzionale: l’applicazione di pene che rieducano i condannati.
Oggi le carceri italiane non lo fanno! È dal 1975 che si aspetta una riforma in tal senso
(la riforma dell’Ordinamento Penitenziario - ndr); le promesse di Renzi e dei suoi epigoni
non sono mancate; per ultimo un ‘ce ne occuperemo dopo le elezioni’!
Questo è un impegno di grande civiltà che - credo - chiunque dovesse domani sedere in Parlamento
dovrebbe portare a compimento”.


La mia speranza è che i tanti italiani vittime di un sistema giudiziario lento, farraginoso, ingiusto, …
possano fare una scelta “radicale” alle prossime elezioni.
Il partito radicale è transpartito anche in questo senso: le sue battaglie coinvolgono e convincono
esponenti di varie forze politiche perché il loro valore è universale.

Da candidato alla Camera dei Deputati con “+ Europa con Emma Bonino” nel collegio
Calabria 02, mi auguro di essere eletto assieme a tante altre persone che come me vogliono una
Giustizia Giusta, una definitiva riforma dell’Ordinamento Penitenziario e la nomina in tutte
le regioni italiane dei garanti dei diritti delle persone private della libertà.

sabato 24 febbraio 2018

Comunicato del 24 Febbraio 2018 di Rocco Ruffa

Ruffa (Radicali, + Europa con Emma Bonino): Un peccato che il Governo abbia deciso di cedere ai populismi e di mettere la riforma delle carceri nel cassetto.

Dichiarazione di Rocco Ruffa, militante del Partito Radicale Nonviolento, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e candidato alla Camera con la lista + Europa con Emma Bonino.


<<Dopo aver dato corpo è sostenuto con il mio sciopero della fame (quattro giorni alla settimana) il Satyagraha di Rita Bernardini e di oltre 10.000 detenuti per chiedere al Governo di varare subito, prima della fine della legislatura, i decreti attuativi della riforma dell’ordinamento penitenziario, apprendere che invece il Governo in carica guidato da Gentiloni ha deciso di cedere ai populismi e rimandare la riforma delle carceri alla prossima legislatura, anch’io mi sono sentito deluso e amareggiato. In pratica si preferisce continuare nella violazione del diritto umano ad una pena che rieducare senza torturare perché un decreto sulle pene alternative al carcere è poco conveniente in campagna elettorale. Eppure la questione carceri>> - prosegue la dichiarazione di Ruffa - <<è stata definita nel 2011 dall’allora Presidente della Repubblica Napolitano una “prepotente urgenza” e nel 2013 l’Italia è stata condannata dalla CEDU proprio per i trattamenti inumani e degradanti dentro le nostre patrie galere. Come militante del Partito della Nonviolenza di Marco Pannella che - anche dopo la sua morte - con esponenti come Rita Bernardini, ha sempre fatto della questione Giustizia e della sua appendice carceraria una priorità, anch’io mi sento deluso e amareggiato in totale sintonia con Rita Bernardini. E la delusione diventa ancora più forte da candidato radicale nella lista + Europa con Emma Bonino che, in coalizione, sostiene proprio quel PD che al Governo decide di non governare la violazione di diritti umani fondamentali. Per questo - conclude Ruffa - continuo a sostenere l’iniziativa di Rita Bernardini nutrendo la speranza che ci possano essere ancora i margini- nella proroga che il Governo avrà fino alla fine di Marzo- di approvare questa riforma dell’ordinamento penitenziario.>>


venerdì 9 febbraio 2018

Riforma dell'Ordinamento Penitenziario - Perché non vada perso un lavoro durato anni

Da anni i radicali - a partire da una indomita Rita Bernardini - si battono perché nelle carceri italiane valga il dettato costituzionale.
Rita Bernardini è in sciopero della fame da 17 giorni e a lei si sono uniti (oltre a molti altri militanti radicali e esponenti politici di rilievo nazionale) almeno 7.000 detenuti con uno o più giorni di sciopero della fame.

Questa battaglia si prefigge il miglioramento delle condizioni di detenzione nelle carceri italiane dove spesso, salute, istruzione, formazione, rispetto della dignità (in una parola "rieducazione") sono una chimera.
Nessuna pena comminata da un giudice, infatti, può violare i diritti della persona sia essa innocente, e quindi in custodia cautelare, sia essa colpevole.
Per i colpevoli valgono gli stessi principi: non importa quanto odiosa, aberrante, violenta, sia stata la condotta del reo; resta pur sempre una persona e in quanto persona gode di quei diritti che chiamiamo inalienabili.
La nostra costituzione parla chiaro a riguardo: la pena deve rieducare il condannato, figuriamoci quelli che fino a prova contraria sono innocenti!

È giusto, in proposito, ribadire che nelle carceri italiane, a causa di una macchina della Giustizia farraginosa, inefficiente e per questo  molte volte ingiusta, la percentuale di persone rinchiuse in attesa di giudizio è altissima (in Calabria oltre la metà).

Il nostro ordinamento penitenziario (che regola come debba svolgersi la detenzione) ha più di 40 anni e  a causa della sua inadeguatezza ha comportato per l'Italia e quindi per tutti noi italiani, il disdicevole primato di paese che più di qualsiasi altra democrazia liberale viola i diritti umani.

Parliamo essenzialmente di forme di detenzione che per essere "inumane e degradanti" sono equivalenti alla tortura; parliamo di procedimenti penali e civili la cui durata è tale da violare il diritto umano ad una giustizia rapida.

Sono milioni i procedimenti giudiziari (civili e penali) che interessano direttamente o indirettamente decine di milioni di italiani. Procedimenti, spesso ultra-decennali che provocano danni enormi alle persone coinvolte e alle loro famiglie.

Non si contano gli studi che dimostrano come questa lentezza comporti un danno per la Repubblica italiana di almeno un punto di prodotto interno lordo: persone costrette a perdere il lavoro, imprese costrette a chiudere perché incapaci di rientrare di un loro credito, famiglie distrutte, ...

Spesso questo malessere assale i detenuti in forme tragiche provocandone la morte se è vero, come è vero, che ben 52 persone si sono tolte la vita lo scorso anno. Spesso si tratta di giovani, con un futuro d'avanti che scelgono di togliersi la vita piuttosto che sopportare oltre la sofferenza che gli viene inflitta arbitrariamente in spregio all'articolo 27 della Costituzione.

Decine di migliaia di persone ("detenuti e detenenti", come amava specificare Marco Pannella) attendono che la riforma dell'ordinamento penitenziario diventi effettiva; dopo che il Parlamento italiano (alla Camera come al Senato) ha legiferato in materia lo scorso anno, infatti la palla è passata al Governo che deve approvare quei decreti attuativi della cui redazione ha ricevuto delega dal Parlamento.

Mentre scriviamo (oggi 9 febbraio 2018) è riunito quello che probabilmente è l'ultimo Consiglio dei Ministri di questa legislatura: mancano poche settimane alle elezioni e attendere la prossima compagine governativa vorrebbe dire rimandare alle calende greche oggi possibilità di mettere la -seppur parziale- parola fine alla riforma.

Per questa ragione - in qualità di tesoriere dell'associazione radicale nonviolenta "Abolire la miseria - 19 maggio" e di membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani -  ho aderito al Satyagraha promosso dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito e da Rita Bernardini in prima linea con tre giorni di sciopero della fame a settimana da tre settimane a questa parte.
Una forma di dialogo nonviolento con le istituzioni repubblicane -a partire dal Governo- e con tutte le forze politiche di questo nostro paese affinché contribuiscano all'emanazione dei decreti delegati.

Questi tre giorni di sciopero, inoltre, hanno un secondo, non meno nobile obiettivo: la nomina del Garante regionale delle persone private della libertà in Calabria; nomina che spetta al Consiglio regionale della Calabria che non più tardi di due mesi fa ha approvato all'unanimità la legge istitutiva di questa importante figura di garanzia.

La nomina, arrivati a questo punto, è questione di poco: non mancano le figure competenti e preparate a ricoprire questo incarico e la spartizione delle poltrone alla quale la politica ci ha abituato non può essere un buon pretesto per attendere oltre.

Garante dei detenuti e Riforma dell'Ordinamento penitenziario, sono due temi centrali nella mia personale campagna elettorale che mi vede candidato nelle file della lista "+ Europa con Emma Bonino" per il collegio plurinominale Calabria 02 alla Camera dei deputati.

Assieme a Giuseppe Candido, abbiamo redatto un libro -Carcere Calabria (Non mollare edizioni, 2017) che racconta il sistema penitenziario calabrese dove le ombre superano le luci.
Per queste ragioni non molliamo la battaglia per una Giustizia Giusta e preannunciamo sin da ora che vorremo verificare lo stato delle nostre carceri nel prossimo futuro (da eletto qualora la sorte ci riservasse questa sorpresa) o da modesto militante del PRNTT (qualora il DAP accogliesse le nostre richieste di visite ispettive).

Rocco Ruffa

L’EREDITA’ DI MARCO PANNELLA, NELL’ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MARIO PANNNUNZIO


Di Angiolo Bandinelli (da “L’Opinione delle Libertà”, 02/08/2018)

    Si può dire che c’è un insegnamento, una scuola o, se volete, una eredità  tutt’ora viva e operante, con caratteristiche e identità immediatamente ricononoscibili ed uniche, che si può senz’altro far risalire a Marco Pannella? Credo si possa correttamente dirlo. Sappiamo, e ci amareggia, che tra quanti hanno lavorato - anche fianco a fianco e per anni - con il grande leader radicale, ci sono oggi differenze di idee e di metodo che sono tracimate fino a scavare un tale invalicabile baratro da render impossibile una minima legittimazione reciproca; e che, addirittura,  differenze e divergenze  si sono arroventate fino all’inimicizia, all’insopportabilità gli uni per gli altri. E tuttavia, tra iscritti al Partito Radicale Nonviolento Traspartito Transnazionale e associati in Radicali Italiani si intravedono ancora tratti comuni e perfino segmenti di percorso non distanti tra loro se non proprio collimanti. Emma Bonino, leader determinata e sempre presente della omonima lista elettorale, solleva la bandiera di una Europa non tanto macroniana quanto ancora - nei suoi tratti essenziali -  spinelliana e pannelliana, riscuotendo un seguito di popolarità eccezionale e contendendo l’eredità transnazionale ai seguaci di Maurizio Turco, leader indiscusso e rappresentante giuridico del PRNTT. Ma, in un ideale confronto e dialogo, Marco Cappato, di Radicali Italiani, e Rita Bernardini del PRNTT, con un impegno che coinvolge l’uno e l’altra sul piano personale, sono operosi su percorsi sicuramente  pannelliani,  nella difesa dei diritti della persona  o della giustizia e delle grandi riforme della struttura carceraria e penitenziale. Sia Cappato che Bernardini sono sul filo di lana di possibili successi che segnerebbero fortemente la cronaca e la storia del paese. A loro fianco si profilano altri nomi, altri volti che mostrano evidenti  i tratti della comune eredità. Alcuni di questi sono stati collaboratori e compagni di lotte di Marco per lunghi anni e decenni se non addirittura  dagli inizi; altri sono giovani che del più che cinquantennale percorso del leader conoscono solo il sommario o alcuni tratti. Sicuramente, in nessuna di queste vicende c’è la completezza e la singolarità che distingueva Pannella, ma sembra a volte che la puntigliosità con cui ciascuno di questi continuatori ed eredi svolge il suo compito abbia il senso di una volontà, di una determinazione intenta a riempire, o a ridurre al possibile, il vuoto dell’assenza del grande leader. Se ciascuno di loro, o tutti, raggiungessero l’obiettivo che si prefiggono, il paese potrebbe ancora percepire il senso profondo, la necessità e l’urgenza di una operosa attività radicale, capace di dare preziosi ed utili contributi di crescita e di consapevolezza politica, soprattutto sul piano metodologico. Al di là degli eccessi della campagna elettorale in corso, il paese è stato negli ultimi tempi immerso in un degrado politico e culturale senza precedenti, al culmine e come conclusione del quale non c’è probabilmente il ritorno a una qualche forma di fascismo ma la realizzazione di una sorta di Repubblica delle Banane, più o meno peronista: al posto del cittadino, ha preso il sopravvento, e non solo grazie al Movimento pentastellato in versione Grillo o in versine Di Maio, uno  spregiudicato e arrogante individualismo, ingordo e vorace, ignaro della delicatezza dei valori e dei diritti della persona. L’infezione ha attecchito quasi dovunque, dentro quasi ogni soggetto o formazione politica. Si avverte purtroppo il rischio che aggredisca, pià o meno subdolamente, anche gli eredi di Pannella, o alcuni di essi. C’è la speranza che i diversi segmenti del postpannellismo intraprendano un cammino centripeto, con l’obiettivo di ritrovarsi assieme in un’unica casa? Qualcuno sinceramente lo desidera ed opera in tal senso, ma l’obiettivo sembra allontanarsi piuttosto che avvicinarsi. Alle difficoltà inerenti alle diversità di linguaggio più o meno cristallizzate nelle loro ovvie divergenze esistenziali, sono ormai ostacolo insormontabile  ad una soluzione pacificatrice risentimenti, rancori e fin odi personali, più o meno giustificabili e comprensibili. E, soprattutto, non c’è più il collante del magistero e del carisma di Pannella, capace di smussare divergenze e incomprensioni reciproche e persino di utilizzarle e “strumentalizzarle” ai fini degli obiettivi politici che di volta in volta indicava. Nello sbriciolarsi della sua eredità, si viene perdendo – ed è il danno peggiore - l’afflato utopico, ma anche la preveggeza profonda che animava e rendeva assolutamente contemporanea, attuae, la sua iniziativa e la sua parola.  Talvolta, ahimè, sotto questa o quella iniziativa dei volenterosi eredi si profila l’immagine di un antiquato e sterile cavallottismo,  se non addirittura qualcosa di peggio. Ricorre quest’anno l’anniversario della morte di Mario Pannunzio, scomparso nel 1968, due anni dopo la chiusura de “Il Mondo”. Anche se alcuni, incorreggibili antistorici, lo neghino, ritengo che Pannella, nella diversità dei metodi, sia stato l’unico suo erede, neIl’attualizzazione e inveramento del messaggio crociano, quello della “religione della libertà”. Ma oggi?

giovedì 1 febbraio 2018

Ruffa (lista “+ Europa”): Stato di Diritto e Convenzioni europee argine ai populismi

Come candidato Radicale nella lista “+ Europa con Emma Bonino”, quello che mi sento di chiedere al Partito Democratico - con cui siamo in coalizione - che è al Governo, è di completare per rendere effettiva la Riforma dell’Ordinamento Penitenziario per la quale Rita Bernardini, al 9° (nono) giorno di sciopero della fame, e oltre 5.000 detenuti delle carceri di tutta Italia continuano a battersi con il metodo della Nonviolenza”.



A dichiararlo in un comunicato è Rocco Ruffa, ingegnere, membro del Comitato Nazionale di “Radicali Italiani”, militante del “Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale, Transpartito”, tesoriere dell’Associazione “Abolire la miseria - 19 Maggio”, oggi candidato alla Camera dei deputati nel Collegio Plurinominale “Calabria 02”.


Nel comunicato si legge anche che Rocco Ruffa è pure lui in digiuno per tre giorni consecutivi settimanalmente a sostegno dell’iniziativa  di Rita Bernardini per chiedere al Governo di emanare subito, prima della fine della legislatura, i decreti a lui delegati dal Parlamento per dare attuazione alla Riforma dell’Ordinamento Penitenziario che quello stesso Parlamento ha approvato.


Si legge in conclusione: “Nelle carceri - anche nella nostra regione - i diritti alla salute, al lavoro e all’istruzione per una pena umana e rieducativa, spesso vengono violati; è sempre più evidente che quello di Marcello Dell’Utri e solo un caso tra i tanti come lui racchiusi nelle nostre galere. Per questo il mio digiuno a sostegno dell’iniziativa del PRNTT è anche volto a sostenere il Consiglio Regionale della Calabria tutto, e il Partito Democratico calabrese in particolare, a nominare la fondamentale figura del Garante regionale dei diritti dei detenuti che ancora manca. Il Garante, l’Italia, la Calabria, hanno bisogno di “più Europa” ma anche di più Stato di Diritto e rispetto delle Convenzioni Europee, uniche armi contro l’avanzata del populismo e dei vari “-ismi” ”.